Il caso Sarah e lo “Ius Family”: nuovo ricorso in Cassazione contro l’espulsione

La battaglia legale dell’avvocato Lipera per la ragazza di Catania portata via dal padre in Tunisia e poi colpita da un decreto di espatrio al rientro in Italia.

Catania – Fa ancora discutere il caso di Sarah Ben Daoud, la giovane di 22 anni nata a Catania da genitori tunisini. Portata via dal padre in Tunisia quando era ancora minorenne, era riuscita a tornare in Sicilia il 25 agosto 2023, sbarcando a Pantelleria su un barcone. Dopo sette anni, la ragazza era riuscita a tornare a Catania per ricongiungersi con la madre, ma era stata erroneamente considerata straniera e destinataria di un decreto di espulsione. La prima sezione civile del Tribunale di Catania, presieduta dal giudice Rosario Maria Annibale Cupri, ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’annullamento del decreto di espatrio emesso nei confronti della ragazza. La battaglia del difensore della giovane, l’avvocato Giuseppe Lipera, che ne aveva sollecitato l’annullamento, dunque continua.

La decisione infatti conferma l’inappellabilità del provvedimento del Giudice di pace di Catania, che aveva già rigettato una prima istanza dichiarandosi incompetente per territorio. L’Avvocatura dello Stato, rappresentando la questura di Trapani, aveva chiesto la conferma del decreto di espatrio, mentre Lipera si è opposto chiedendo che fosse annullato. Contro la sentenza del Tribunale è stato presentato un ricorso alla Corte di Cassazione. L’avvocato Lipera ha seguito passo passo la storia di Sarah, nata a Catania il 2 maggio 2003 da genitori tunisini regolarmente trasferitisi in Sicilia nel 2000. Otto anni dopo il padre l’aveva portata con sé in Tunisia, separandola dalla madre, che vive in Italia da oltre 25 anni insieme ai tre fratelli minori di Sarah, tutti cittadini italiani. Poi quel viaggio disperato su un gommone per riabbracciare sua madre, per poi ricevere un decreto di espulsione.

L’avvocato Lipera con la madre di Sarah

“Oggi vogliamo dirle invece che è una immigrata clandestina? – si legge nel ricorso di Lipera – Questo trattamento è assolutamente contrario ai principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale è contrario ad ogni idea di parità e di uguaglianza. In virtù dello ius soli, dello Ius Family e dell’assoluto diritto naturale della giovane che è nata a Catania e qui ha vissuto per anni e dove ha la propria famiglia, è a Catania che Sarah ha diritto di restare, perché IUSTUM EST IUSTUM”. E ancora, scrive il penalista nel ricorso, “Qui non si parla infatti solo della distinzione fra ius soli e ius sanguinis, ma di un vero e proprio IUS FAMILY, quale diritto inviolabile di una persona di poter rimanere al fianco dei propri affetti e della propria famiglia, diritto assoluto che in quanto tale merita di essere tutelato”.

Espellere Sarah dal territorio italiano “significherebbe privarla per sempre dei propri e unici legami familiari e della propria identità personale, diritti fondamentali assoluti e riconosciuti dai padri costituenti all’art. 2 della Carta Costituzionale”, argomenta il difensore. Un caso, quello di Sarah Ben Daoud, che oltre a far discutere l’opinione pubblica ha innescato altri procedimenti. Nella sentenza infatti, il giudice ha rigettato anche altre due richieste avanzate dalla difesa: la ricusazione del giudice stesso, dichiarata inammissibile, e la cancellazione di una frase contenuta nella memoria dell’Avvocatura dello Stato, che definiva le argomentazioni della difesa come “farneticanti elucubrazioni”. Il giudice ha ritenuto che non vi fossero i presupposti per considerare tali espressioni offensive o dettate da intenti dispregiativi.

L’avvocato di Lipera, Grazia Coco, nel corso di questo procedimento riguardante le epressioni giudicate offensive nei confronti di Lipera, ha sempre puntato l’attenzione sul fatto che sia passato in questo modo “il principio che gli Avvocati potranno permettersi di utilizzare nei confronti di colleghi avversari, e quindi anche dei magistrati, espressioni sconvenienti, che ledono la dignità della toga, della professione e offendono la persona, senza incorrere a nessun tipo di responsabilità”. Anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di  Catania nella seduta del 21 maggio aveva stigmatizzato l’accaduto, ribadendo che “l’irrinunciabile tutela della dignità della professione forense impone di sottolineare, in via generale, la necessità dell’osservanza del principio di continenza nella redazione degli atti difensivi”. E aveva deciso di aprire un fascicolo a tutela di  Lipera

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