Sei mesi fa il brutale omicidio della madre, del padre e del fratellino. Trovati in camera del 18enne il “Mein Kampf” di Hitler e appunti su Mussolini. Le ragioni del dramma restano un enigma.
Paderno Dugnano (MI) – A sei mesi dal triplice omicidio che ha sconvolto Paderno Dugnano, cittadina alle porte di Milano, la Procura per i minori ha richiesto il giudizio immediato per Riccardo Chiarioni, il giovane oggi diciottenne accusato di aver massacrato la sua famiglia nella notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 2024. Il delitto, consumato nella villetta di via Anzio, ha lasciato la comunità attonita e un caso che, nonostante le indagini serrate, non ha ancora trovato un movente chiaro.
La sera del 31 agosto, la famiglia Chiarioni si era riunita per festeggiare il 51esimo compleanno di Fabio, padre di Riccardo e titolare di un’impresa edile. Una pizza, risate e un’atmosfera apparentemente serena avevano preceduto l’orrore. Poche ore dopo, verso le 2 di notte, Riccardo, allora diciassettenne, ha preso un coltello da cucina e ha compiuto una strage: prima ha colpito il fratellino Lorenzo, 12 anni, mentre dormiva, infliggendogli decine di coltellate; poi ha aggredito la madre Daniela Albano, 48 anni, accorsa per i rumori, e infine il padre Fabio, che aveva tentato di intervenire. I corpi sono stati trovati riversi nella stanza dei figli, in un lago di sangue, mentre Riccardo, coperto di sangue e in mutande, attendeva i carabinieri davanti al cancello di casa.
Inizialmente, il ragazzo ha cercato di depistare gli inquirenti, raccontando di aver ucciso il padre per difendersi dopo che questi avrebbe aggredito la madre e il fratello. Ma la versione è crollata dopo poche ore, e davanti alla pm Sabrina Ditaranto è arrivata la confessione: “Li ho ammazzati tutti io. Mi sentivo oppresso, un corpo estraneo nella mia famiglia. Pensavo che uccidendoli mi sarei liberato”. Una dichiarazione che, tuttavia, non ha mai trovato un riscontro concreto in un movente definito. “Volevo essere immortale, uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero”, ha aggiunto in un’interrogatorio successivo, parole che hanno lasciato gli investigatori perplessi.
Le indagini dei carabinieri della tenenza di Paderno Dugnano, durate sei mesi, hanno scavato nella vita di Riccardo, un ragazzo descritto da amici e compagni del liceo scientifico Gadda come studioso, tranquillo e appassionato di pallavolo. Nessun segnale evidente di disagio era emerso prima di quella notte. Eppure, nella sua camera, gli inquirenti hanno trovato elementi inquietanti: una copia del Mein Kampf di Adolf Hitler sul comodino, un quaderno con i discorsi di Benito Mussolini annotati a matita, disegni di aquile romane e fasci littori, oltre a schizzi di lame e coltelli. Questi reperti suggeriscono un’attrazione per l’immaginario dell’estrema destra, ma non è ancora chiaro se abbiano influito sul gesto.
La comunità di Paderno Dugnano, che il 12 settembre 2024 si era riunita in una folla commossa per i funerali di Fabio, Daniela e Lorenzo nella chiesa di Santa Maria Nascente, non si dà pace. L’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, aveva definito l’evento “un’incomprensibile tragedia”, parole che ancora oggi risuonano come un’eco di un dolore collettivo. Durante la cerimonia, tra lacrime e palloncini azzurri liberati in cielo, la città aveva proclamato il lutto cittadino, un segno di vicinanza a una famiglia che tutti descrivevano come “perfetta”.
Riccardo, trasferito dopo l’arresto dal carcere minorile Beccaria di Milano a una struttura a Firenze, ha incontrato i nonni a settembre, i quali, nonostante il dramma, hanno scelto di non abbandonarlo. La difesa, guidata dall’avvocato Amedeo Rizza, punta su una consulenza psichiatrica per valutare un possibile vizio di mente, contestando l’aggravante della premeditazione avanzata dall’accusa. Intanto, la richiesta di giudizio immediato segna un passo verso il processo, che si preannuncia complesso e carico di interrogativi.
Cosa ha spinto un adolescente apparentemente normale a sterminare la propria famiglia? Il malessere confessato da Riccardo – quel senso di oppressione e isolamento – resta un’ombra indefinita, mentre gli elementi emersi dalle indagini aprono scenari inquietanti ma non risolutivi. La giustizia farà il suo corso, ma per Paderno Dugnano e per chi conosceva i Chiarioni, il “perché” di quella notte potrebbe rimanere per sempre un mistero.