Il ministro invita alla discrezione: “Come abbiamo chiesto moderazione per Piperno e Sala, la chiediamo anche per questo caso”.
Roma – Il ministro degli Esteri Antonio Tajani torna a parlare del caso di Alberto Trentini, il cooperante italiano fermato il 15 novembre dall’autorità del Venezuela. “Stiamo lavorando fin dal primo momento. Ieri nell’incontro con l’incaricato d’affari venezuelano abbiamo ribadito la richiesta di liberazione del nostro concittadino e di tutti gli altri prigionieri politici. Abbiamo anche chiesto una visita consolare e che venga trattato nel rispetto delle regole. “Ce ne sono altri italo-venezuelani nelle carceri di quel Paese – ha aggiunto – stiamo lavorando in tutti i modi per arrivare a capo della situazione con lo stesso impegno abbiamo lavorato per riportare a casa tanti altri italiani nei mesi e nelle settimane passate, da quando siamo al governo”.
Tajani aggiunge che nell’incontro col delegato d’affari “ci è stato confermato che è detenuto e abbiamo chiesto che sia trattato nel rispetto delle regole e ribadito la richiesta della visita consolare”. E ancora, il ministro ha poi invitato alla discrezione. “Continua l’attività diplomatica senza clamore e polemiche” per Alberto Trentini detenuto in Venezuela “con la determinazione necessaria per raggiungere questo obiettivo, prima per verificare le condizioni di salute e poi fare in modo che possa essere liberato. Come abbiamo chiesto discrezione e moderazione per Piperno e Sala, la chiediamo anche per questo caso”.
Di certo la situazione in Venezuela desta allarme e l’attività diplomatica si muove su crinali delicati: la vicenda di Trentini si inquadra nel clima di forte tensione che si è venuto a creare dopo le elezioni presidenziali del 28 luglio che hanno confermato Maduro (ma l’esito è stato oggetto di contestazioni e proteste): da allora in Venezuela sono stati arrestati 127 cittadini stranieri (svizzeri, tedeschi, americani, spagnoli, italiani, ucraini, albanesi e olandesi) che ora sono detenuti. I familiari di Trentini, il cooperante italiano originario di Venezia di cui non si hanno più notizie dal 15 novembre, due giorni fa avevano lanciato un appello “al governo italiano” al fine di “porre in essere tutti gli sforzi diplomatici possibili e necessari, aprendo un dialogo costruttivo con le istituzioni venezuelane, per riportare a casa Alberto e garantirne l’incolumità”.
In una nota diffusa dalla famiglia e dall’avvocato Alessandra Ballerini, si ricostruisce la vicenda di Trentini che si trovava in Venezuela per una missione con la Ong Humanity e Inclusion per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità. Una notizia confermata dalla stessa Ong. “Alberto era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 e il 15 novembre mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito è stato fermato a un posto di blocco, – si legge – insieme all’autista della Ong.
Anche su Change.org c’è una petizione per il ritorno a casa di Alberto Trentini – Take Action: Bring Alberto Trentini Home Now. Nella petizione si chiede alle istituzioni italiane, europee e alle Nazioni Unite il massimo impegno e di agire con urgenza per: permettere contatti regolari con i familiari, avvocati e rappresentanza consolare; ottenere il suo rilascio immediato e la piena tutela dei suoi diritti fondamentali; assicurare regolare assistenza consolare, legale e medica.
Ma intanto il Venezuela – proprio in un clima non disteso – ha annunciato di aver ridotto a tre il numero di diplomatici che possono essere accreditati presso le ambasciate francese, italiana e olandese a causa della risposta “ostile” dei loro governi all’insediamento del presidente Nicolas Maduro per il terzo mandato. Il ministero degli Esteri venezuelano ha aggiunto che i diplomatici avrebbero bisogno di “autorizzazione scritta per viaggiare per più di 40 chilometri da Plaza Bolivar” nel centro di Caracas.