Caso Trentini, Tajani convoca l’incaricato d’affari del Venezuela: “Nessuna notizia”

Il ministro protesta per la mancanza di informazioni sul cooperante italiano e l’espulsione di 3 nostri diplomatici da Caracas.

Roma –  Dopo l’accorato appello della famiglia di Alberto Trentini –  il cooperante italiano fermato il 15 novembre dall’autorità del Venezuela – Antonio Tajani ha fatto sapere di aver convocato “l’incaricato d’affari del Venezuela per protestare con forza per la mancanza di informazioni sulla detenzione del cittadino italiano Alberto Trentini e per contestare l’espulsione di 3 nostri diplomatici da Caracas”. In un post su Twitter, il ministro degli Esteri ha inoltre sottolineato che “l’Italia continuerà a chiedere al Venezuela di rispettare le leggi internazionali e la volontà democratica del suo popolo”. 

Di certo la situazione in Venezuela non è delle migliori: la vicenda di Trentini si inquadra nel clima di forte tensione che si è venuto a creare dopo le elezioni presidenziali del 28 luglio che hanno confermato Maduro (ma l’esito è stato oggetto di contestazioni e proteste): da allora in Venezuela sono stati arrestati 127 cittadini stranieri (svizzeri, tedeschi, americani, spagnoli, italiani, ucraini, albanesi e olandesi) che ora sono detenuti. Un clima raccontato più volte da Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto all’estero, che già quest’estate aveva detto ad Adnkronos: “Basta criticare Maduro sui social e ti vengono a prendere a casa: rastrellano tutti, anche gli anziani”. Di Giuseppe aveva raccontato il prezzo della repressione che sta pagando la comunità italiana in Venezuela, circa un milione e mezzo di persone a rischio.

Andrea Di Giuseppe

“Ricevo 30-40 telefonate al giorno: l’ultima – aveva denunciato il parlamentare – è stata di un signore di 79 anni che si è fatto prestare un cellulare perché non aveva neanche i soldi per chiamarmi: la sua unica colpa? Aveva scritto un post a favore dell’opposizione al tempo delle elezioni”. L’arresto del deputato di opposizione venezuelano, Williams Davila, finito in manette dopo l’intervista a Adnkronos, “ha fatto più scalpore perché è un rappresentante del popolo, ma ogni giorno ci sono centinaia e centinaia di casi: mi contattano persone anziane, a volte indigenti, gente comune insomma”, aveva spiegato il deputato italiano. Si tratta di una repressione che ricorda “i peggiori tempi di Tito, ma c’è un aggravante: qui l’ideologia non c’entra assolutamente niente, il regime venezuelano è un’oligarchia di maledetti narcotrafficanti, composta da generali e membri del governo, che punta a mantenere lo status quo a danno della povera gente”. 

Proprio ieri i familiari di Trentini, il cooperante italiano originario di Venezia di cui non si hanno più notizie dal 15 novembre, avevano lanciato un appello “al governo italiano” al fine di “porre in essere tutti gli sforzi diplomatici possibili e necessari, aprendo un dialogo costruttivo con le istituzioni venezuelane, per riportare a casa Alberto e garantirne l’incolumità”. Ma intanto il Venezuela ha annunciato di aver ridotto a tre il numero di diplomatici che possono essere accreditati presso le ambasciate francese, italiana e olandese a causa della risposta “ostile” dei loro governi all’insediamento del presidente Nicolas Maduro per il terzo mandato. Il ministero degli Esteri venezuelano ha aggiunto che i diplomatici avrebbero bisogno di “autorizzazione scritta per viaggiare per più di 40 chilometri da Plaza Bolivar” nel centro di Caracas.

Nicolàs Maduro

In una nota diffusa dalla famiglia e dall’avvocato Alessandra Ballerini, si ricostruisce la vicenda di Trentini che si trovava in Venezuela per una missione con la Ong Humanity e Inclusion per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità. Una notizia confermata dalla stessa Ong. “Alberto era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 e il 15 novembre mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito è stato fermato a un posto di blocco, – si legge – insieme all’autista della Ong. Dalle scarse e informali informazioni ricevute sembrerebbe che pochi giorni dopo il fermo Alberto sia stato trasferito a Caracas e, a oggi, ci risulta “prigioniero” in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione”.

Per la famiglia “è inaccettabile che cittadini italiani che si trovano a lavorare o visitare altri Paesi con l’unica finalità di contribuire a migliorare le condizioni di vita dei loro abitanti, si trovino privati delle libertà e dei diritti fondamentali senza poter ricevere nessuna tutela effettiva dal nostro Paese. Confidiamo che la Presidente del Consiglio ed i Ministri interessati, si adoperino con lo stesso impegno e dedizione recentemente dimostrati a tutela di una nostra connazionale, – riferendosi ovviamente al caso di Cecilia Sala – per riportare presto, incolume, Alberto in Italia”. Nella nota si afferma che “nessuna notizia ufficiale è mai stata comunicata da nessuna autorità Venezuelana né Italiana e di fatto, da quasi due mesi, nulla sappiamo sulle sorti di Alberto, tenuto anche conto che soffre di problemi di salute e non ha con sé le medicine né alcun genere di prima necessità”. 

Manifestazioni per liberare i prigionieri politici

Dal suo arresto a oggi, “a quanto sappiamo, nessuno è riuscito a vederlo, né a parlargli. Neppure il nostro Ambasciatore è riuscito a comunicare con lui né ad avere sue notizie nonostante plurimi tentativi”. L’ong internazionale Humanity & Inclusion ha confermato che il 15 novembre scorso Trentini è stato arrestato nei pressi del confine con la Colombia, nello stato meridionale di Apure. “Da quando abbiamo ricevuto la notizia dell’arresto del nostro operatore umanitario e del conducente che lo accompagnava, ci siamo mobilitati per ottenere la loro liberazione” ma, “per non interferire nei procedimenti in corso, non abbiamo ulteriori commenti da fare in questo momento”, si legge in un comunicato dell’ong da Caracas e riportato dai media venezuelani. 

Anche su Change.org c’è una petizione per il ritorno a casa di Alberto Trentini – Take Action: Bring Alberto Trentini Home Now. Nella petizione si chiede alle istituzioni italiane, europee e alle Nazioni Unite il massimo impegno e di agire con urgenza per: permettere contatti regolari con i familiari, avvocati e rappresentanza consolare; ottenere il suo rilascio immediato e la piena tutela dei suoi diritti fondamentali; assicurare regolare assistenza consolarelegale e medica.

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