Rigopiano: confermata la condanna all’ex prefetto, processo bis per sindaco e dirigenti

La sentenza sulla tragedia dove 29 persone persero la vita nel 2017. Un anno e 8 mesi per Francesco Provolo, nuovo appello a Perugia per le altre persone coinvolte.

Confermata la condanna all’ex prefetto Francesco Provolo e chiesto un processo bis per il sindaco e i i dirigenti della Regione Abruzzo in carica all’epoca dei fatti. Lo ha deciso la suprema Cassazione nel processo legato alla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga sotto la quale rimasero uccise 29 persone. Diventa così definitiva la sentenza per l’ex prefetto mentre si terrà un processo bis di appello a Perugia per le altre persone coinvolte. Il sostituto procuratore generale di Cassazione aveva chiesto un nuovo processo per prefetto di Pescara, Francesco Provolo, condannato a 1 anno e 8 mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso. Provolo era stato assolto in appello per omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio.

La sentenza è stata pronunciata alla presenza di molti familiari delle vittime, che si sono presentati in aula come segno di determinazione per ottenere giustizia e risposte dopo quasi sette anni dal disastro.

Due settimane fa i giudici della sesta sezione, dopo avere ascoltato gli interventi di tutti gli avvocati difensori, avevano deciso di rinviare la decisione a oggi, alla luce della “complessità del processo” e del numero di posizioni da vagliare. Il pg, inoltre, nel corso delle udienze aveva sollecitato l’annullamento delle assoluzioni nei confronti di sei persone, rappresentanti dell’autorità regionale di protezione civile, e la conferma delle condanne dei dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (entrambi 3 anni e quattro mesi), dell’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso (6 mesi) e del tecnico del comune Enrico Colangeli (2 anni e otto mesi per entrambi). Chiesto un nuovo processo di secondo grado anche per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta.

Tra i nodi principali del processo, c’era la richiesta di un appello bis per l’allora prefetto di Pescara, Francesco Provolo, come detto condannato a un anno e otto mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso. La Procura Generale voleva che fossero riesaminate anche le accuse di concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio, per cui era stato assolto. Altro nodo cruciale era l’annullamento delle assoluzioni dei sei rappresentanti dell’autorità regionale di protezione civile. Infine, la conferma delle condanne già emesse per diversi imputati, tra cui dirigenti provinciali, il sindaco di Farindola e l’ex gestore dell’hotel.

Il 18 gennaio 2017, la prefettura di Pescara aveva ricevuto l’allarme di un rischio valanghe di livello 4 (molto forte), ma secondo l’accusa, le autorità non avrebbero messo in atto le misure necessarie per prevenire la tragedia. Questo punto è stato centrale nella decisione della Cassazione.

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