Biagio e Giuditta, uccisi da auto scorta Borsellino e Guarnotta: Palermo li ricorda

Trentanove anni dopo l’incidente del liceo Meli, il 25 novembre del 1985, quando i due giovani morirono travolti nel tragico errore.

Palermo – Sono stati ricordati, nel giorno del 39esimo anniversario dell’incidente che costò loro la vita, Biagio Siciliano e Giuditta Milella, di 14 e 17 anni, i due studenti del liceo Meli a Palermo, deceduti perché travolti, per errore, da un’auto dei carabinieri di scorta ai magistrati Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta. Nel luogo dell’incidente, in via Libertà, all’incrocio con piazza Croci, è stata deposta una corona di fiori ed è stata affissa un’immagine in loro memoria.

La targa in ricordo di Biagio e Giuditta

All’iniziativa, organizzata dalla commissione cultura dell’Ottava circoscrizione del Comune di Palermo, in collaborazione con il centro studi Paolo e Rita Borsellino ed il Cna, erano presenti, oltre al presidente dell’ottava circoscrizione, Marcello Longo a Roberto Leone dell’Assostampa Sicilia, anche il presidente della commissione parlamentare Antimafia all’Ars, Antonello Cracolici, il giudice Leonardo Guarnotta, il magistrato Vittorio Teresi e il fratello di Biagio, Vincenzo Siciliano.

“La mia famiglia fu distrutta dopo quel giorno terribile – racconta il fratello di Biagio – in quel periodo esisteva la lotta fra il bene e il male. La città di Palermo sembrava disturbata dalle sirene e dai morti che, secondo noi, erano lontanissimi dalla nostra realtà quotidiana. Invece non era così, la morte di mio fratello, in quel tragico incidente, fece capire alla città intera che nessuno era esente dal pericolo. Sono passati quasi quarant’anni da allora, ma la memoria resta una cosa importantissima, per non dimenticare quegli anni”.

Paolo Borsellino il giornale popolare
Il giudice Paolo Borsellino

Leonardo Guarnotta, membro del pool antimafia, ricorda che, il giorno prima, era con Carmelo Carrara “ad un’udienza al Nord Italia avevamo fatto tardi, eravamo arrivati in ritardo in aeroporto. Abbiamo insistito per partire perché dovevamo tornare al più presto a Palermo. Se fossimo tornati poco dopo, forse tutto questo non sarebbe successo. Questo però purtroppo era il riflesso di quella Palermo atterrita e spaventata per le centinaia di morti per mano della mafia”. “Mi raccontarono che Borsellino, poco dopo l’impatto, uscì dalla macchina. Tutti pensavano che fosse stato un attentato – ricorda Mari Albanese, presidente della commissione cultura dell’ottava circoscrizione – invece Borsellino capì subito che non si trattava di un attentato e disse ad alta voce ‘non è un attentato, è una catastrofe‘. Si dice che portò sempre la ferita per quel giorno così triste”.

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