L’ex capo ultrà interista trasferito da San Vittore in un carcere del Centro Italia. Ha anche un nuovo legale dopo le divergenze col primo.
Milano – Avrebbe iniziato a parlare e a collaborare con gli inquirenti da qualche settimana, negli interrogatori, Andrea Beretta, l’ormai ex capo ultrà interista in carcere dallo scorso 5 settembre per l’omicidio di Antonio Bellocco, erede dell’omonima cosca di ‘ndrangheta e che era anche lui nel direttivo della curva nord. Beretta, trasferito da San Vittore in un altro carcere, era stato anche destinatario dell’ordinanza del primo ottobre nel maxi blitz di Polizia e Gdf, coordinato dai pm di Milano Paolo Storari e Sara Ombra, contro capi e sodali delle curve interista e milanista di San Siro con l’accusa principale di associazione per delinquere con aggravante mafiosa per gli ultras nerazzurri.
Nei giorni scorsi si era saputo che il legale di Beretta, l’avvocato Mirko Perlino, aveva rinunciato al mandato per divergenze nella linea difensiva e l’ultrà ha scelto un nuovo legale. Uno dei temi da approfondire nell’indagine, oltre alle dinamiche di curve e criminalità organizzata, è l’omicidio nel 2022, ancora irrisolto, di Vittorio Boiocchi, leader storico della curva nord. Beretta non aveva mai risposto sul punto. Inquirenti e investigatori hanno mantenuto per esigenze investigative e di sicurezza il più stretto riserbo, ma la notizia della collaborazione di Beretta è circolata sui media on line. Una scelta forse obbligata per il 49enne, che dopo aver ucciso il suo ex socio in affari era finito nel mirino dei clan ‘ndranghetisti vicini ai Bellocco – “Beretta deve morire”, dicevano.
Alla decisione di Beretta di collaborare con i pm la curva nerazzurra non ha reagito bene. “La tua infamità non appartiene alla nostra mentalità”. È lo striscione – firmato ‘Secondo anello verde’ – apparso fuori da San Siro nella serata di venerdì 15 novembre. Sul “lenzuolone” retto da due persone non c’è nessun nome, ma il messaggio è evidentemente indirizzato a Beretta. A acclarare la tesi della volontà di Beretta di collaborare, il suo trasferimento dal carcere di San Vittore a un istituto di pena nel Centro Italia dove vengono trasferiti i detenuti pronti a collaborare con la giustizia; assieme a questo, la difesa assunta da un avvocato esperto in collaboratori di giustizia. La notizia, infine, ha iniziato a circolare, insistentemente, anche sugli spalti di San Siro.