Le parole del ministro della Giustizia dopo la pronuncia della Consulta sulla legge. La sentenza verrà depositata entro metà dicembre.
Roma – “Una sentenza che condivido e che dovrebbe eliminare la possibilità del referendum”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, all’indomani della pronuncia della Corte Costituzionale della legge sull’autonomia differenziata. “La sentenza, letta a spanne, è più che equilibrata. Dico a spanne perché per dare una interpretazione tecnicamente corretta occorre leggere le motivazioni che saranno sicuramente articolate e molto lunghe”, ha detto Nordio sottolineando: “è sicuro che produrrà un avanzamento probabilmente di mesi o forse anche di anni verso la soluzione definitiva. Se mi si chiede se questa pronuncia impedirà o no il referendum bisognerà leggere le motivazioni ma direi di sì: è intervenuta pesantemente su alcuni settori che sono quelli proprio tipici del referendum”.
“Adesso il Parlamento dovrà rivederla, poi la rivedrà la Cassazione, direi che a spanne, con prudenza, questa sentenza dovrebbe eliminare, almeno per ora, la possibilità del referendum”, ha concluso Nordio. Lo stop della Consulta riguarda sette profili del testo sull’Autonomia: dai Livelli essenziali di prestazione (Lep) alle aliquote sui tributi. La decisione della Corte accoglie parzialmente i ricorsi delle quattro Regioni guidate dal centrosinistra (Campania, Puglia, Sardegna e Toscana) che hanno impugnato la legge Calderoli. I giudici hanno ritenuto “non fondata” la questione di costituzionalità dell’intera legge – punto sul quale si focalizzano tutte le reazioni di centrodestra, dove spicca il silenzio di Fratelli d’Italia – considerando invece “illegittime” alcune specifiche disposizioni. Da qui l’invito al Parlamento a “colmare i vuoti” che ne derivano.
La sentenza verrà depositata nelle prossime settimane e peserà inevitabilmente anche sui quesiti referendari. Non tanto su quello abrogativo della legge ma sugli altri che la Cassazione stessa potrebbe riformulare oppure dichiarare superati. Tra i sette profili della legge ritenuti incostituzionali c’è la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei Lep, cioè i livelli essenziali delle prestazioni: devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, perché riguardano servizi essenziali. È stato bocciato anche il conferimento di una delega legislativa all’esecutivo per la determinazione dei Lep sui diritti civili e sociali: le decisioni sostanziali in materia sarebbero state messe “nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento“.
Stop inoltre alla possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito perché “potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni”.
Ma al di là delle bocciature, comunque importanti, la Corte rimette al centro il principio di sussidiarietà. E sottolinea che la distribuzione delle funzioni legislativa e amministrative tra Stato e Regioni “non” deve “corrispondere all’esigenza di un riparto di poteri tra i diversi segmenti del sistema politico” ma deve avvenire “in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione”. È, dunque, “il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni”. Per questo l’Autonomia “deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini”.
“Sono esattamente gli obiettivi che vogliamo realizzare e che realizzeremo“, osserva il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, sottolineando che la Consulta “ha chiarito in maniera inequivocabile che la legge sull’autonomia differenziata nel suo insieme è conforme alla Costituzione. Su singoli profili della legge attenderemo le motivazioni della sentenza, per valutare gli eventuali correttivi da apportare”. Per il costituzionalista Michele Ainis invece “la Consulta ha trasformato la legge Calderoli in uno zombie. Questo testo formalmente rimane in vigore ma dopo la sentenza risulta amputato delle sue parti essenziali, senza le quali non può operare. Tanto che sono gli stessi giudici a dire che ora dovrà essere il Parlamento a sanare questa nuova situazione”.
Da una parte le quattro Regioni guidate dal centrosinistra schierate contro la legge Calderoli, dall’altra tre del Nord in linea con il Governo. Lo scontro sull’Autonomia differenziata è arrivato fino alla Consulta chiamata a pronunciarsi su questioni di costituzionalità sollevate dai ricorsi di Puglia, Toscana, Sardegna e Campania che hanno impugnato la legge nella sua totalità e anche con riferimento a specifiche disposizioni. La sentenza verrà depositata entro metà dicembre, quando la Cassazione deciderà sull’ammissibilità dei referendum abrogativi. La pronuncia della Consulta potrebbe avere effetti proprio sui quesiti referendari che la Cassazione stessa potrebbe riformulare oppure dichiarare superati.