Mahmoud Abdalla, 19 anni, è stato massacrato per aver chiesto il pagamento degli stipendi arretrati e perché voleva accettare la proposta di un Barber Shop concorrente.
Genova – Ergastolo per Mohamed Alì Abdelghani Alì, detto Bob, e Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, conosciuto come Tito: la Corte d’Assise li ha riconosciuti colpevoli del brutale omicidio di Mahmoud Abdalla, il 19enne egiziano che lavorava nella loro barberia a Chiavari, ucciso a Genova a luglio dell’anno scorso.
Il giovane voleva riscuotere gli stipendi arretrati prima di licenziarsi per accettare un nuovo posto a Pegli, dove sperava di essere pagato meglio, evitando di essere sfruttato per dodici ore al giorno come gli capitava con Bob e Tito. Per tutta risposta, secondo la ricostruzione fornita dall’accusa e sposata dalla Corte, i due l’avrebbero attirato nell’appartamento di via Merano a Sestri Ponente, dove Mahmoud viveva insieme a Tito e Bob, con la scusa di dargli il denaro che il giovane chiedeva. Lì però lo avrebbero ucciso con una pugnalata al cuore usando un coltello acquistato poche ore prima in uno shop della zona. Poi, avrebbero trasportato il corpo a Chiavari, l’avrebbero fatto a pezzi sulla spiaggia, decapitandolo e mutilandolo delle mani, rinvenute nei giorni successivi sulla foce dell’Entella. La testa, invece, non è mai stata trovata.
I due datori di lavoro, per i quali la Corte ha previsto anche 18 mesi di isolamento diurno, durante il processo hanno tentato di scaricare la responsabilità l’uno sull’altro, mentre per la pm Daniela Pischetola avrebbero agito insieme, con premeditazione. Il magistrato ha ricordato anche che durante tutta la durata delle indagini e del processo “non hanno collaborato, non hanno espresso parole di compassione o rammarico, ma hanno tentato di sviare le indagini pilotandole verso piste inesistenti, il tutto in un clima di intimidazione e paura nei confronti dei testimoni”.