Accertato uno squilibrio finanziario per 1 miliardo. La verifica di stato passivo fissata davanti al giudice per il 5 marzo 2025.
Milano – La Sezione crisi d’impresa del Tribunale del capoluogo lombardo ha dichiarato lo stato di insolvenza di Acciaierie d’Italia Holding S.pA, già posta in amministrazione straordinaria nella primavera scorsa dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. All’esito del procedimento intentato dai commissari di AdI in As, al quale hanno preso parte anche il socio privato Ancelormittal Italy Holding S.rl. e il socio pubblico Invitalia S.p.A., “è stato accertato – anche con l’ausilio di un supporto consulenziale – uno squilibrio finanziario di quasi 1 miliardo di euro, di composizione eterogenea, per lo più riconducibile a debiti verso i soci, verso professionisti e fornitori”. La verifica di stato passivo è stata fissata davanti al giudice delegato della procedura, Laura De Simone, per il 5 marzo 2025.
Il Tribunale fallimentare di Milano a fine giugno scorso aveva deciso di nominare un consulente tecnico per valutare la situazione, prima di decidere se dichiarare o meno lo stato di insolvenza, richiesto dai commissari straordinari e anche dalla Procura milanese che si era associata. Insolvenza decretata ora
per Acciaierie d’Italia holding, la capogruppo delle cinque società dell’ex Ilva già dichiarate insolventi nei mesi scorsi e per le quali di fatto era iniziata l’amministrazione straordinaria. Per la Procura, che aveva partecipato alle udienze col pm Pasquale Addesso, sulla holding il conflitto tra i soci, ossia Invitalia, il socio pubblico, e i franco-indiani di Arcelor Mittal, era “insanabile“.
Con la dichiarazione di stato di insolvenza anche della holding può partire di fatto l’amministrazione straordinaria per il gruppo delle acciaierie. Giorni fa il ministro delle Imprese Adolfo Urso aveva fatto il punto sulla gara per la nuova proprietà: 15 le aziende in lizza, ma solo 3 punterebbero ad acquisire tutti gli impianti. I sindacati prendendo atto dei passi in avanti, chiedono al governo di vigilare sui potenziali acquirenti. Resta poi il nodo cruciale dei posti di lavoro da difendere. Attualmente sono oltre 2mila gli operai in cassa integrazione.