Arrestato per un attentato dinamitardo Ciro Caliendo, l’uomo sospettato dell’omicidio della moglie Lucia Salcone

L’imprenditore agricolo di San Severo avrebbe confezionato l’ordigno che nel Napoletano fece saltare in aria la vettura di un ufficiale della Guardia di finanza.

Un’auto saltata in aria a Bacoli (Napoli) il 21 marzo 2023 e un’altra vettura andata inspiegabilmente a fuoco dopo un incidente di minima entità lo scorso 27 settembre a San Severo, nel Foggiano. Nel primo caso l’obiettivo dell’attentato dinamitardo, il 35enne maggiore della Guardia di finanza Gabriele Agostino, in servizio presso il nucleo di polizia economico-finanziario di Napoli, è uscito miracolosamente illeso dall’esplosione; non così Lucia Salcone, 47 anni, deceduta nel rogo divampato nell’auto su cui viaggiava accanto al marito, l’imprenditore vitivinicolo di San Severo, Ciro Salvatore Caliendo.

Ed è proprio quest’ultimo il collegamento tra i due eventi apparentemente lontani nel tempo e nello spazio. Indagato a piede libero per l’omicidio volontario della moglie – gli inquirenti sospettano che l’incidente e le successive fiamme possano essere state soltanto una messinscena architettata dall’uomo – Caliendo è stato arrestato nell’indagine dei carabinieri di Napoli che ha portato al fermo degli organizzatori – mandante, esecutore materiale e facilitatori – dell’attentato all’ufficiale della Gdf.

L’attentato che ha distrutto l’auto dell’ufficiale della Guardia di finanza

Nella rete dei militari sono caduti il foggiano Franco Di Pierno, presunto autore materiale, la moglie dell’ufficiale, presunta mandante dell’attentato, Viviana Pagliarone, 39enne originaria di Roma, Giovanni Di Stefano, 32 anni, e appunto Ciro Salvatore Caliendo, finito agli arresti domiciliari.

Secondo gli investigatori sarebbe stato l’imprenditore pugliese a confezionare l’ordigno e fornire il telecomando. E’ lui, sostengono i carabinieri, lo “zio Ciro” che nelle comunicazioni su whattsap riceve la lista dei materiali necessari ad assemblare la bomba; sempre lui a fare riferimento alla durata della batteria e al denaro da restituire nel caso di mancato successo dell’operazione. Inoltre le indagini hanno appurato che Di Pierno e Caliendo si conoscevano e frequentavano perché il primo era stato sposato con la sorella di Lucia Salcone, moglie dell’imprenditore. Erano quindi ex cognati.

Due auto e due incendi: è solo una coincidenza? Le accuse che hanno condotto in manette Caliendo, consegnano agli investigatori un profilo diverso dell’imprenditore pugliese, in grado di maneggiare con perizia del materiale esplosivo e confezionare un’ordigno. Elementi nuovi che rendono gli interrogativi sulla morte della moglie ancora più inquietanti.

Secondo la ricostruzione fornita dall’uomo, la notte in cui ha perso la vita Lucia Salcone, si sarebbe diretto verso i suoi terreni per controllarli, preoccupato dagli ultimi furti. Sulla strada, nel tentativo di evitare un’auto proveniente dal senso opposto, che avrebbe occupato la sua corsia, avrebbe sterzato finendo contro un ulivo, poi l’auto avrebbe preso fuoco, mentre lui avrebbe perso i sensi. Risvegliatosi avrebbe tentato inutilmente di sottrarre la moglie dal rogo.

L’auto carbonizzata dove ha trovato la morte Lucia Salcone

Una ricostruzione che presenta più di una falla e semina dubbi. Dall’autopsia sarebbe emerso che la donna avrebbe ricevuto dei colpi in testa, due e non uno, come era trapelato in un primo momento. Sono ferite compatibili con l’urto della vettura contro l’albero, oppure sono stati inferti prima dell’incidente? E ancora: la Fiat 500 procedeva ad una velocità intorno ai 40 km all’ora, una velocità bassa, che non avrebbe fatto aprire neppure gli airbag. Come è possibile che possa aver innescato l’incendio? Infine, dalla perizia svolta sulla carcassa della vettura sono state isolate tracce di combustibile. L’auto era alimentata a diesel, se il combustibile rinvenuto non fosse gasolio, ma ad esempio benzina o un altro liquido infiammabile, si aprirebbero scenari inediti per le indagini.

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