Ex Ilva: gip di Potenza conferma sequestro e trasferimento del processo da Taranto

Dopo l’annullamento della sentenza del caso “Ambiente Svenduto” il giudice: “Evidente utilizzo criminale stabilimento a fini di profitto”.

Potenza – Nuovo decreto di sequestro dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto notificato nelle scorse ore ai commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e Ilva in Amministrazione Straordinaria. Un atto necessario dopo che la Corte d’assise d’appello ha annullato la sentenza di primo grado del processo “Ambiente svenduto” e disposto il trasferimento degli atti alla procura lucana perché il procedimento riparta dalla chiusura delle indagini. “È evidente che l’utilizzo criminale dello stabilimento a fini di profitto in spregio persino agli accordi presi per ridurre l’impatto mortale delle lavorazioni non può che essere arrestato sottraendo la disponibilità delle aree in cui avvengono le lavorazioni che hanno determinato la compromissione dell’ambiente, della salute dei lavoratori e della popolazione residente”, scrive il gip di Potenza Ida Iura nel nuovo decreto di sequestro.

Il codice penale prevede che le misure cautelari – come il sequestro – eseguiti nel corso di un’indagine, se entro 20 giorni dalla dichiarazione di incompetenza di un giudice, anche nelle fasi successive di un procedimento, non vengono rinnovate, perdono di efficacia. Quindi gli impianti dell’area a caldo della fabbrica rischiavano di essere dissequestrati. La nuova misura della magistratura potentina, però, appone nuovamente i sigilli ai reparti ritenuti causa di emissione nocive tra il 1995 e il 2012: si tratta dell’Area Parchi Minerali, Cokerie, Agglomerato, Altiforni, Acciaierie e infine l’area Grf (Gestione Rottami Ferrosi). Gli impianti restano sequestrati e il processo “Ambiente Svenduto” sul reato di disastro ambientale contestato all’azienda che faceva capo ai Riva, rimane a Potenza.

Sono i due capisaldi del provvedimento del gip di Potenza, dopo che a metà settembre la Corte d’Assise tarantina ha annullato la sentenza di primo grado (maggio 2021) con diverse condanne e trasferito per riscontrata incompatibilità il processo alla Procura di Potenza. Col mantenimento del sequestro, però, non cambia nulla. Il siderurgico, dove martedì, presente il ministro Adolfo Urso, è stato riacceso un secondo altoforno, continua a produrre e non c’è alcuna interruzione di attività così come avvenuto in questi anni. Annullando la sentenza di primo grado e trasferendo gli atti a Potenza, i giudici dell’Appello di Taranto hanno evidenziato l’incompatibilità determinatasi a seguito del fatto che due magistrati onorari erano in servizio a Taranto nella fase in cui si sono svolti i fatti di inquinamento contestati dal processo e poi, lasciato l’incarico, si sono entrambi costituiti tra le oltre mille parti lese del procedimento lamentando danni diretti.

Tutto ruota sulla costituzione tra le parti civili del processo di due magistrati onorari, Martino Giacovelli Alberto Cassetta. “La Corte d’Assise – hanno scritto i giudici di secondo grado – ha attribuito rilievo alla circostanza secondo la quale il dottor Giacovelli, al momento della costituzione di parte civile, aveva, seppure da poco, cessato le sue funzioni e il dott. Cassetta aveva cessato di appartenere all’ordine giudiziario nel lontano 2005″. E ora il gip di Potenza scrive che entrambi i giudici onorari “hanno agito per conseguire il ristoro dei danni derivanti dalla condotta illecita degli imputati a qualunque titolo coinvolti nell’attività illecita svolta dall’Ilva sia nella qualità di gestori dello stabilimento siderurgico, sia di pubblici ufficiali che, nell’esercizio delle loro funzioni avevano reso possibile che l’Ilva continuasse a produrre e a inquinare. Entrambi, rileva il gip di Potenza, si sono costituiti per conseguire il risarcimento dei danni cagionati da condotte delittuose che si sono protratte in Taranto dall’anno 1995 al 20.06.2013″.

Entrambi, insiste il gip sull’incompatibilità, “hanno svolto le loro funzioni di giudice onorario presso il Tribunale di Taranto. Entrambi erano in servizio al momento del fatto essendo cessati dall’appartenenza all’ordine giudiziario l’avvocato Giacovelli il 20.12.2015, il dottor Cassetta nell’anno 2005″. Per il gip, “rilevato che la eccezione di incompetenza è stata tempestivamente proposta dinanzi alla Corte d’Assise di Taranto dopo l’ammissione delle due costituzioni, la stessa deve ritenersi fondata alla luce della corretta interpretazione dell’art. 11 C.p.p.”. Ecco perché il processo Ambiente Svenduto ripartirà da Potenza dove la Corte d’Assise d’Appello di Taranto ha rimesso gli atti.

Ma sull’ex Ilva incombono altri due nodi giudiziari. Il 24 ottobre prossimo ci sarà l’udienza al Tribunale di Milano chiamato a decidere sull’applicazione della sentenza della Corte di Giustizia Europea dello scorso giugno. Quest’ultima ha detto che se ci sono danni alla salute, gli impianti dell’ex Ilva vanno fermati. Il Tribunale di Milano si è rimesso alla Corte UE a fronte di un esposto di cittadini di Taranto che hanno chiesto la chiusura della fabbrica. In particolare, il Tribunale ha chiesto, con un rinvio pregiudiziale alla Corte del Lussemburgo, se i provvedimenti adottati verso l’ex Ilva abbiano violato o meno il diritto comunitario. 

Altro nodo giudiziario è costituito dalla riassunzione al Tar di Lecce del giudizio sull’ordinanza del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, di maggio 2023, che imponeva la fermata degli impianti inquinanti. L’udienza si terrà il 10 febbraio 2025. L’ordinanza è attualmente sospesa, ma il Comune ha chiesto di riprendere la discussione a valle della sentenza della Corte UE.

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