Delitto Mollicone, “Né prove né movente”: perché i Mottola e gli altri sono stati assolti

Pubblicata la motivazione della sentenza del processo di appello: “Non è certo Serena sia stata uccisa nella caserma di Arce”.

Roma – La Corte d’Assise d’Appello di Roma ha assolto gli imputati nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone, uccisa nel 2001 ad Arce, con la motivazione che non ci sono prove sufficienti a dimostrare la loro colpevolezza. Gli imputati, tra cui il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, suo figlio Marco, la moglie Annamaria, e i carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale, sono stati assolti in secondo grado perché, secondo i giudici, la ricostruzione dell’omicidio si basa su prove “insufficienti e contraddittorie”.

Nelle motivazioni della sentenza, la Corte sottolinea che non vi è certezza che Serena Mollicone sia stata uccisa nella caserma dei carabinieri di Arce, luogo in cui secondo l’accusa sarebbe avvenuto il delitto. Mancano prove certe sull’ingresso della ragazza nella caserma e sul fatto che sia stata scagliata contro una porta, e ancora più incerta è la seconda fase dell’aggressione, quella letale, che comportò l’imbavagliamento e l’asfissia.

Inoltre, il movente del delitto è stato definito “evanescente” dai giudici, che hanno ritenuto il quadro probatorio complessivamente inadeguato a dimostrare la responsabilità degli imputati. La Corte ha anche osservato che, sebbene gran parte dell’opinione pubblica sia convinta della colpevolezza degli imputati, il giudizio deve basarsi sulle prove concrete e non sugli umori popolari.

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