Inchiesta a Bari: spiati conti correnti di Giorgia e Arianna Meloni e tante personalità

Nel mirino un ex impiegato di Intesa Sanpaolo, licenziato e sottoposto a procedimento disciplinare: circa 7mila gli accessi non autorizzati.

Bari – Un’altra tegola piomba sulla politica, dopo il caso dossieraggio e gli attacchi hacker al ministero della Giustizia. Un’inchiesta della procura barese ha scoperto chi spiava i conti correnti delle sorelle Meloni, di Ignazio La Russa, dei ministri Guido Crosetto, Daniela Santanchè e del giornalista Andrea Giambruno, ex compagno della premier. Si tratta di un ex dipendente di Intesa Sanpaolo, accusato di aver effettuato oltre 6mila accessi non autorizzati a conti correnti bancari. Tra le personalità coinvolte, figurano esponenti di spicco del mondo politico e istituzionale, a partire dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e sua sorella Arianna, responsabile della segreteria politica di Fratelli d’Italia. La premier su X, appresa la notizia commenta “Dacci oggi il nostro dossieraggio quotidiano”.

Coinvolti nell’intrusione anche ministri come Daniela Santanchè e Guido Crosetto, il presidente del Senato Ignazio La Russa e il procuratore della Direzione nazionale antimafia, Giovanni Melillo. Secondo quanto riportato dal quotidiano Domani, il funzionario bancario, licenziato l’8 agosto scorso in seguito a un procedimento disciplinare, avrebbe violato la privacy di migliaia di titolari di conti, tra cui diverse figure pubbliche di rilievo. Oltre ai membri del governo, tra i nomi finiti nel mirino degli accessi abusivi compaiono il governatore della Puglia, Michele Emiliano, e quello del Veneto, Luca Zaia, oltre al procuratore della Repubblica di Trani, Renato Nitti. Ma anche ufficiali dell’Arma dei carabinieri e della guardia di finanza sarebbero stati oggetto di queste operazioni illecite.

Arianna e Giorgia Meloni

Gli accessi non autorizzati, che ammontano a circa settemila, sarebbero avvenuti tra il febbraio 2022 e l’aprile 2024, interessando i conti di oltre 3.500 clienti di quasi 700 filiali di Intesa Sanpaolo, distribuite su tutto il territorio nazionale. La banca, allarmata da queste attività anomale, ha segnalato il caso alle autorità, dando così avvio alle indagini. L’inchiesta si concentra ora sulla motivazione dietro questi accessi massivi e illegali. A differenza di episodi simili avvenuti in passato, come quello riguardante l’indagine di Perugia legata a fughe di notizie, in questo caso non si tratterebbe di dati relativi a operazioni sospette o di informazioni inerenti indagini giudiziarie. 

Le informazioni violate sarebbero invece di natura strettamente privata, relative ai movimenti dei conti correnti delle persone coinvolte. Le indagini sono tuttora in corso, e sarà compito della magistratura, insieme al Garante per la privacy, valutare l’entità delle violazioni e le possibili conseguenze legali di quanto accaduto. L’allarme è scattato grazie a un’indagine interna avviata dal reparto sicurezza di Intesa Sanpaolo, che ha rilevato anomalie, e a una denuncia presentata da un correntista della filiale di Bitonto, in provincia di Bari. Secondo quanto riferito dal quotidiano “Domani”, un cliente, insospettito dal numero elevato di accessi al proprio conto, è stato avvisato direttamente dal direttore della filiale, che gli avrebbe confermato la presenza di attività insolite. L’impiegato originario di Bitonto secondo indiscrezioni non lavorava in quella filiale.

rapimenti virtuali il giornale popolare

Di fronte a questa rivelazione, il correntista ha sporto denuncia alle autorità competenti, dando avvio agli accertamenti della procura, supportata dai carabinieri. Fonti interne a Intesa Sanpaolo, citate da Domani, spiegano che la banca ha reagito tempestivamente, adottando “le opportune iniziative disciplinari” nei confronti del sospetto. Inoltre, l’istituto ha informato immediatamente le autorità competenti. I sistemi di controllo informatico del gruppo avrebbero poi individuato i presunti accessi illegali. L’istituto bancario sottolinea che il comportamento del dipendente non sarebbe stato conforme alle procedure interne e alla normativa di settore.

L’inchiesta di Bari arriva dopo il caso dossieraggio che ancora tiene banco con le audizioni in commissione Antimafia e dopo l’arresto di Carmelo Miano per aver violato i server del ministero della Giustizia. Non sembrano esserci collegamenti tra le tre inchieste, ma è sorprendente come l’avanzata degli spioni attenti alla vita politica. Ma il caso dell’hacker ha monopolizzato ieri il ‘Cybertech Europe 2024’: il direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) Bruno Frattasi, ha sottolineato come il lavoro che ha portato all’arresto del 24enne, accusato di aver violato i sistemi informatici del ministero della Giustizia e non solo, “ci ha visto dare un contributo sostanziale; è stato fatto un eccellente lavoro di squadra”. Si procederà in questo modo tutte le volte che andranno coniugate le esigenze, spiega, di “ripristinare i servizi e rintracciare chi ha attaccato”. 

Quanto accaduto, aveva detto Frattasi, “dimostra che anche reti estese e complesse possono essere esposte a intrusioni”. Sulla vicenda e sui tanti attacchi alla rete è intervenuto anche il sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano: “Spesso gli autori di simili attacchi – ha detto – sono ancora criminali che cercano profitto dai riscatti per i dati criptati o dalla vendita nel dark web di dati sensibili vi è pero un crescente numero di hacker che presentano legami diretti e indiretti con governi di altre nazioni o comunque con gruppi che si muovono nell’agone geopolitico”. Mantovano nel suo intervento ha anche ricordato che “assistiamo negli ultimi anni a un fenomeno diverso e più preoccupante: la crescente digitalizzazione delle nostre vite fornisce agli attacchi cyber la base per causare, fuori dai campi di battaglia, effetti analoghi a quelli un tempo realizzabili solo attraverso azioni militari estremamente costose”.

E anche il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, coinvolto nell’intrusione di sistema dell’inchiesta di Bari, a proposito del dossieraggio aveva fatto notare come la “raccolta abusiva, la manipolazione, il commercio e l’uso strumentale delle informazioni riservate custodite negli archivi digitali, sono da tempo divenuti arnesi tanto delle tradizionali organizzazioni criminose quanto delle forme selvagge della competizione propria dei mercati d’impresa e della politica. E aveva puntualizzato: “Le indagini in questo nuovo campo di attività delle Procure distrettuali ci consentono di cominciare a riconoscere forme e dinamiche di questo allarmante mercato clandestino, dove si incontrano agevolmente una diffusa domanda di servizi illegali e l’offerta di informazioni riservate sottratte ai controlli propri del diritto e della vita democratica”.

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