Sparo di Capodanno, niente processo per Pozzolo: Campana ritira la querela

Il deputato di Fratelli d’Italia trova l’accordo economico, su cui c’è una clausola di riservatezza, con l’operaio ferito a Rosazza.

Biella – Si conclude con un accordo economico la vicenda giudiziaria che ha fatto finire nella bufera giudiziaria Emanuele Pozzolo: il deputato di Fdi non andrà infatti a processo nell’inchiesta per lesioni che lo vedeva protagonista per lo sparo di Capodanno alla Pro Loco di Rosazza, nel Biellese. Luca Campana ha ritirato la querela nei confronti di Pozzolo per quello sparo in cui rimase ferito a una gamba. Per l’accordo economico trovato è stata fissata l’udienza davanti al gip il 9 ottobre.

“E’ stato raggiunto un accordo, siamo soddisfatti, ci stavamo lavorando da tempo“, commenta l’avvocato Marco Romanello, difensore di Campana, che ha rimesso la querela per lesioni. Restano in piedi a carico di Pozzolo le accuse per il reato di esplosioni pericolose e per aver portato in giro Sulla mediazione e sulla cifra per il risarcimento del danno c’è una clausola di riservatezza. Ma quello che si sa è che l’intesa tra le parti arriva a circa una decina di giorni dalla prima udienza preliminare, dove il deputato di Fratelli d’Italia, sarà difeso dall’avvocato Andrea Corsaro.

Pozzolo Campana pistola
Campana, Pozzolo e l’arma

Pozzolo, che si era presentato alla festa alla sede della Pro Loco, organizzata dalla sindaca Rosazza, Francesca Delmastro, sorella di Andrea, sottosegretario alla Giustizia, anche lui presente, ha sempre dichiarato di essere innocente. Unico indagato per il ferimento di Campana, compagno della figlia di Pablito Morello, agente della polizia penitenziaria e all’epoca capo scorta del sottosegretario alla Giustizia, ha sempre negato di essere stato lui a sparare, e ha detto che il colpo sarebbe partito accidentalmente mentre Morello maneggiava la sua pistola. A gennaio tuttavia era risultato positivo alla “prova dello stub”, un test che serve a trovare eventuali residui lasciati da un colpo d’arma da fuoco sul corpo e sui vestiti di una persona.

Nella versione data agli inquirenti, Pozzolo aveva accusato proprio Morello di aver sparato. Aveva detto di aver atteso così tanto a dirlo perché si aspettava che fosse lo stesso Morello a costituirsi, cosa che però non è avvenuta. Altri due testimoni – il figlio di Morello e la vittima stessa – avrebbero detto agli inquirenti che era stato Pozzolo ad avere l’arma in mano al momento dello sparo, mentre altri presenti non avevano saputo dire chi fosse il responsabile. Anche le analisi balistiche non avevano smentito  la ricostruzione dei fatti effettuata dalla Procura.

Emanuele Pozzolo

Non c’è comunque dubbio, secondo quanto emerso dalle perizie, che il colpo sia partito dall’arma del deputato. Una pistola che peraltro, come ha sottolineato la Procura di Biella in una nota, era “detenuta esclusivamente in regime di ‘Licenza da collezione’”. L’esame del Dna aveva mostrato che tre persone avevano toccato l’arma: il deputato, Morello e il figlio. Stando a quanto dichiarato, gli ultimi due avrebbero toccato l’arma dopo lo sparo per metterla in sicurezza e riporla su una mensola. Ancora oggi Pozzolo è l’unico indagato, e ora starà al giudice per l’udienza preliminare decidere se procedere e passare al processo.

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