L’attentato al giudice Saetta, ucciso 36 anni fa: si occupò di fare giustizia su Chinnici

Il presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, assassinato dopo la sentenza sugli autori della strage del “padre” del pool antimafia.

Roma – Da pochi giorni aveva depositato la motivazione della sentenza che aveva condannato all’ergastolo i responsabili della strage in cui aveva perso la vita il collega Rocco Chinnici, il “padre” del pool antimafia. Era sotto l’occhio del ciclone di Cosa Nostra che ha deciso per la sua esecuzione. Il 25 settembre 1988 perdeva la vita in un attentato mafioso Antonino Saetta, Presidente della Corte d’appello di Caltanissetta, mentre sulla propria vettura, in compagnia del figlio, ritornava da Canicattì verso Palermo. Era il suo ultimo giorno e andava incontro al piano diabolico e sanguinoso della mafia. Dal 1960 era a Palermo, dove ha svolto la maggior parte della sua brillante carriera.

Nel ’75 il Consiglio Superiore della Magistratura ne delibera la nomina a magistrato di Cassazione. Un anno dopo chiede il trasferimento alla Corte d’Appello di Genova e lo ottiene. Nel capoluogo ligure affronterà alcuni processi che avranno una particolare eco mediatica come il processo alle Brigate Rosse e quello del naufragio doloso della “Seagull”, una carretta del mare scomparsa nelle acque internazionali al largo di Licata il 17 febbraio 1974 provocando la morte di trenta marittimi. La sentenza di condanna dei responsabili diverrà determinante per l’approvazione di nuove regole sulla sicurezza nella navigazione. Ma nel ’78 torna a Palermo per ricoprire nuovamente le funzioni di Consigliere di Corte di Appello. Poi nell’84, diventa presidente di sezione della Corte d’appello di Caltanissetta.

Rocco Chinnici

Qui si occupa del processo d’appello per la strage di via Pipitone Federico dove, insieme al Consigliere istruttore Rocco Chinnici, persero la vita gli uomini della scorta allo stesso assegnati e il portiere dello stabile in cui viveva il giudice. La sentenza conferma la condanna ai fratelli Michele e Salvatore Greco (fino ad allora incensurati) e inasprisce notevolmente le pene per gli altri coimputati. La conduzione del processo di appello e l’esito dello stesso contribuiscono ad alzare il livello di pericolosità per la vita del magistrato. Il 3 giugno del 1987 Saetta rientra nuovamente a Palermo con le funzioni di Presidente di Sezione presso la Corte di appello e sarà impegnato in altri delicati processi di mafia: il processo per la strage di Piazza Scaffa e il delicato processo per l’omicidio dell’ufficiale dei carabinieri Emanuele Basile.

Dalle carte processuali relative all’omicidio del giudice Saetta emerge che furono il processo Basile ed il pericolo che venisse assegnato alla sua sezione il processo di appello del maxiprocesso a costituire i motivi dell’agguato mortale organizzato da Cosa Nostra. “Sono proprio magistrati come Saetta che, con il loro impegno e la loro rettitudine, hanno contribuito – pagando anche con la vita – a fermare l’espansione dei clan mafiosi. A 36 anni di distanza dal vile agguato, in cui morì anche il figlio, continuiamo a ricordare il suo coraggioso esempio che, ancora oggi, deve stimolare la diffusione della cultura della legalità”, ha sottolineato il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa