Scontro in strada tra albanesi: Artur Cerria, muratore, avrebbe accoltellato Dritan Idrizi che, spalleggiato da due complici armati di bastone, pretendeva il pagamento di un debito.
Tavullia (Pesaro Urbino) – Dopo la notte di sangue che ha portato alla morte del 38enne albanese Dritan Idrizi, accoltellato a morte durante una lite con una famiglia di connazionali residente a Tavullia, i carabinieri hanno fermato tre persone coinvolte nell’aggressione, compreso il presunto omicida, il 37enne Artur Cerria, muratore, accusato di aver ammazzato il connazionale. Con lui in carcere a Pesaro sono finiti un amico della vittima, Gili Quedari, 28 anni, cameriere residente a Cattolica e lo zio Admir Shoshari, 54 anni, residente a San Giovanni in Marignano e meccanico a Cattabrighe.
Le indagini hanno permesso di riscontrare che la vittima, trasportato da due connazionali e giunto cadavere al pronto soccorso di Cattolica, aveva avuto un’accesa discussione con i componenti di un nucleo familiare residente a Tavullia, anch’esso composto da albanesi. Il capo famiglia, Artur Cerria, vistosi aggredire dai tre con un bastone metallico e con un martello da cantiere, che lo hanno successivamente costretto, insieme ai suoi familiari, a farsi medicare al pronto soccorso di Pesaro, avrebbe dunque estratto un coltello e colpito più volte il malcapitato al costato, causandone la morte.
Gli inquirenti non hanno dubbi: quella dell’altra sera è stata una spedizione punitiva: il morto e i suoi due compagni sono partiti da San Giovanni in Marignano portandosi dietro bastoni metallici, spranghe e martelli da cantiere. Il loro obiettivo era raggiungere un casolare in strada San Giovanni, alla periferia di Tavullia, dove Artur Cerria vive con la moglie e il figlio. I militari hanno perquisito a fondo la casa di fronte alla quale si è svolta la rissa, un rudere interessato da lavori edili. La prima ipotesi di movente è stata appunto quella di un debito di 5000 euro per i lavori, ma gli inquirenti non escludono anche altre ipotesi, in considerazione del fatto che tutti coinvolti nella lite mortale, compreso il morto, infatti hanno precedenti per spaccio di stupefacenti.