Centri migranti in Albania, slitta ancora l’apertura: a che punto sono i lavori

Le alte temperature estive hanno rallentato la consegna dei siti di Shengjin e Gjader: prevista una spesa di 800 milioni di euro in 5 anni.

Roma – Nuovo rinvio per l’apertura dei centri migranti italiani in Albania. In visita nel Paese a giugno, Giorgia Meloni aveva indicato il primo agosto come il giorno dell’entrata in funzione delle strutture. Ma in realtà servirà ancora qualche settimana perché i centri possano attivarsi, ha detto pochi giorni fa il sottosegretario Alfredo Mantovano, spiegando che i ritardi sono dovuti a “rallentamenti” nei lavori. Il 10 agosto era stato indicato come possibile nuova data, ma al momento non ci sono conferme ufficiali a riguardo. Per i centri voluti dalla premier italiana – che prevedono una spesa di 800 milioni di euro in cinque anni -, si tratta del secondo slittamento. La data per la piena operatività delle strutture, inizialmente, era stata fissata per il 20 maggio.

Secondo indiscrezioni, il centro di prima accoglienza situato nel porto di Schengjin sembra essere pronto, ma i ritardi riguarderebbero principalmente l’altro sito: l’ex base dell’Aeronautica albanese di Gjader. Qui sono in corso i lavori per dare vita a tre strutture distinte: un centro per il trattenimento di richiedenti asilo con 880 posti, un centro di permanenza per rimpatri (Cpr) con 144 posti e un penitenziario di 20 posti. I ritardi sono stati attribuiti alle alte temperature estive, che hanno complicato i lavori, che coinvolgono anche i militari italiani del Genio. Il Viminale ha stanziato 52.700 euro per le camere degli agenti di polizia, che alloggeranno in un resort a Shengjin.

Il sottosegretario Mantovano segue passo dopo passo i lavori nei siti di Shengjin e Gjader, sottolinea la validità di questo innovativo modello di gestione dei flussi migratori illegali, che sta suscitando “ampio consenso in sede europea: 15 dei 27 Stati membri dell’Unione – ha detto – ci chiedono infatti di condividere il progetto, al quale stanno guardando con attenzione anche altre nazioni europee, in primis la Germania”. Non è una novità, infatti, che l’intesa Italia-Albania fa scuola in Europa: sulla gestione dei migranti condivisa con Paesi “terzi” il modello Meloni, con l’accordo tanto contestato dalla sinistra tra Roma e Tirana, undici Paesi dell’Unione Europea, guidati da Danimarca e Repubblica Ceca, hanno chiesto alla Commissione di trovare “nuove soluzioni” per trasferire più facilmente i migranti verso Paesi al di fuori dell’Unione Europea, anche durante le operazioni di salvataggio in mare.

Secondo il protocollo firmato, sia la giurisdizione che i costi saranno a carico dell’Italia. Le strutture che serviranno per “le procedure di frontiera e di rimpatrio” nel territorio albanese saranno gestite dalla “competente autorità della parte italiana secondo la pertinente normativa italiana ed europea”. Stesso discorso per le controversie che potrebbero nascere con i migranti accolti. Spiega il protocollo che queste sono sottoposte esclusivamente alla giurisdizione italiana. Viene poi precisato che tutti i costi, dalla costruzione dei centri alla loro gestione, oltre che i trasferimenti e l’assistenza sanitaria sarà “totalmente a carico della parte italiana”. Sempre a carico dell’Italia sarà ogni costo di alloggio e vitto dei migranti nelle strutture, oltre che le cure mediche e ogni altro servizio considerato necessario.

La parte italiana poi si impegna “affinché tale trattamento rispetti i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo, conformemente al diritto internazionale». Per il primo anno, l’Italia verserà all’Albania 16,5 milioni di euro “quale anticipo forfettario dei rimborsi dovuti”. All’interno dei centri il diritto di difesa sarà assicurato con l’accesso nelle strutture di avvocati e ausiliari, oltre che di rappresentanti di organizzazioni internazionali e agenzie europee che si occupano della consulenza e dell’assistenza ai richiedenti asilo. La permanenza nei centri non dovrà andare oltre il massimo consentito per il trattenimento, in base alla normativa italiana in vigore. A fine procedure, spiega il protocollo, le autorità italiane provvedono all’allontanamento, con le spese sempre a carico della parte italiana.

L’accordo tra Italia e Albania prevede che all’interno delle strutture non siano ospitati più di 3mila migranti contemporaneamente. Stando al protocollo, i centri saranno gestiti in base alla legge italiana ed europea. Nel momento in cui dovesse venire meno “per qualsiasi causa” il titolo di permanenza nella struttura, toccherà all’Italia trasferire il migrante fuori dall’Albania. Se dovesse avvenire un decesso nel centro, l’Albania metterebbe a disposizione un obitorio per un massimo di 15 giorni.

Dalle strutture i migranti non potranno uscire. Secondo il protocollo, spetterà alle autorità italiane adottare le misure necessarie al fine di assicurare la loro permanenza all’interno delle aree, impedendo la loro uscita non autorizzata nel territorio della Repubblica d’Albania, sia durante il perfezionamento delle procedure amministrative che al termine delle stesse, indipendentemente dall’esito finale”. I migranti che verranno trovati fuori dai centri saranno riportati all’interno dalle autorità albanesi.

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