Genovese aveva precedenti specifici ma ha sempre dichiarato di non aver visto le due ragazze attraversare la strada. Le parti civili sono di diverso avviso.
Roma – Tutto da rifare (o quasi) nel processo che vede imputato Pietro Genovese, figlio del regista Paolo, di omicidio stradale plurimo per la morte di due ragazzine, Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli. Le studentesse sedicenni furono travolte dal SUV guidato da Genovese nella notte tra il 21 e 22 dicembre scorso, in Corso Francia, a Roma, nei pressi di Ponte Milvio.
Un colpo di scena visto che si attendeva la sentenza che avrebbe dovuto mettere la parola fine alla vicenda. Ma per il GUP Gaspare Sturzo la dinamica dell’incidente è, inspiegabilmente a quasi un anno dal fatto, tutt’altro che chiara. Il magistrato ha disposto per oggi e per il prossimo 14 Novembre, le udienze dei periti.
Si sfidano sul fronte legale coloro che potremmo definire il maestro e l’allieva. Parliamo dell’avvocato Franco Coppi, assistito dal collega Gianluca Tognozzi, e dell’avvocato Giulia Bongiorno. Coppi era coadiuvato proprio da una giovane e sconosciuta Bongiorno quando ottenne l’assoluzione di Giulio Andreotti, nel processo per i reati di partecipazione ad associazione a delinquere. Coppi adesso difende Genovese mentre la Bongiorno rappresenta le famiglie di Gaia e Camilla.
Era da poco passata la mezzanotte, pioveva quel 22 dicembre 2019, mentre Gaia e Camilla stavano tornando a casa, dopo aver passato il sabato sera con gli amici in una pista di pattinaggio. Avevano telefonato ai genitori per avvisare che stavano rientrando ma non sarebbero più tornate dai loro cari: poco dopo, mentre attraversano Corso Francia, venivano investite in pieno dal Suv guidato da un ragazzo poco più grande di loro. Entrambe morivano sul colpo. I corpi scaraventati sull’asfalto a diversi metri di distanza a causa della violenza dell’impatto. Una tragedia.
Ad oggi le ricostruzioni di parte sono ovviamente molto diverse. Genovese ha sempre affermato di non aver visto Camilla e Gaia, perché sarebbero sbucate dal nulla attraversando la strada con il semaforo rosso per i pedoni. Il ragazzo si trova attualmente agli arresti domiciliari visto che la richiesta di patteggiamento è stata respinta a causa di alcuni aspetti controversi della vicenda.
Dai test tossicologici è emerso che Pietro Genovese aveva nel sangue un tasso alcolemico di 1.4, ovvero di tre volte superiore al limite consentito. Da neopatentato il ventunenne non avrebbe dovuto bere nemmeno una goccia di alcol. Per di più il giovane risultava positivo anche all’assunzione di cannabis e cocaina ma non è stato possibile stabilire se le droghe siano state prese il giorno dell’incidente o prima. Inoltre secondo i riscontri della Polizia Postale, dal suo cellulare sono stati inviati dei video tramite Whatsapp, pochi secondi prima dell’impatto.
Forse la dinamica dell’incidente è poco chiara, non ci sono nemmeno telecamere di sorveglianza nella zona, ma sembra evidente che Genovese non fosse nelle condizioni ottimali per mettersi alla guida, anzi probabilmente per possedere ancora una patente.
Durante le indagini veniva fuori che Genovese era stato segnalato per ben due volte, nel 2016 e nel 2017, per detenzione di sostanze stupefacenti. In passato la patente gli era stata ritirata per violazioni al codice della strada subendo poi ben quattro decurtazioni di punteggio, tra il 2018 e il 2019, per transito con semaforo rosso e altre infrazioni.
Il Pm Roberto Felici, nell’arringa conclusiva, aveva chiesto la condanna a cinque anni di reclusione per Genovese. L’avvocato Coppi ha dichiarato che il rinvio del Gup è normale, visto che le sentenze devono essere emesse al di là di ogni ragionevole dubbio. Molto soddisfatta l’avvocato Buongiorno, solo contrariata dal fatto che il procedimento penale morbido sarebbe stato giustificato da una sorta di concorso di colpa delle povere ragazze:
“…Nelle indagini c’è un errore clamoroso – spiega la Bongiorno – Gaia e Camilla sono state investite sulle strisce pedonali. Lo dimostra il rinvenimento della targa della macchina di Genovese proprio sulle strisce. Ma il luogo dell’impatto è stato collocato più avanti per uno sbaglio compiuto quella sera dalle forze dell’ordine…”.
Inoltre appare inequivocabile per l’avvocatessa che le ragazze abbiano attraversato con il verde, poiché l’auto accanto al Suv di Genovese si era fermata per farle passare. Se ne riparlerà dopo le audizioni peritali.
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