La decisione degli Ermellini potrebbe ribaltare il giudizio di primo e secondo grado che aveva visto condannati i tre delinquenti al massimo della pena prevista per i minorenni accusati di omicidio volontario. La famiglia chiede giustizia.
Napoli – Tutto da rifare il processo a carico dei tre presunti assassini della guardia giurata Francesco Della Corte, 51 anni, gravemente ferito a sprangate il 3 marzo 2018 all’uscita della stazione della metro di Piscinola e poi morto in ospedale. La Corte di Cassazione ha annullato le sentenze emesse e disposto un nuovo processo davanti ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.
I tre balordi, violenti e determinati come camorristi consumati, erano stati condannati in primo e secondo grado a 16 anni e 6 mesi di reclusione ed uno di loro aveva usufruito anche di un permesso premio per il suo compleanno e per un provino sportivo, provocando le legittime reazioni della famiglia della vittima. Adesso Luigi Carrozza, Kevin Ardis e Ciro Urgillo, oggi maggiorenni, difesi, rispettivamente, dagli avvocati Mario Covelli, Giuseppe Musella e dai penalisti Raffaele Chiummariello e Nicola Pomponio, dovranno subire un nuovo processo.
I tre giovani, rei confessi, all’epoca dei fatti avevano in mente di rubare la pistola alla guardia per ricavarne 600 euro una volta rivenduta al ricettatore di turno. La scelta sulla persona da derubare era ricaduta sul povero Francesco Della Corte, marito e padre esemplare, lavoratore onesto e benvoluto da tutti i suoi colleghi per la generosità e la dedizione al lavoro dimostrata negli anni. I tre giovani dunque passavano alle vie di fatto dopo aver fatto uso, almeno uno di loro, di sostanze stupefacenti.
Della Torre, al termine del servizio, stava chiudendo gli ingressi della metropolitana in via della Ferrovia Piedimonte D’Alife, stazione di Piscinola, per poi tornare in sede con l’auto di servizio. I tre delinquenti lo aggredivano alle spalle colpendolo ripetutamente alla testa con una spranga. Preso a tradimento l’uomo iniziava a barcollare a finiva sull’asfalto in un lago di sangue perdendo parzialmente i sensi a causa delle gravissime ferite riportate.
Il terzetto, a questo punto, decideva di mollare l’impresa criminale perché non aveva trovato la pistola indosso alla vittima che la teneva ben nascosta in una tasca interna del giubbotto. Subito dopo sul posto arrivavano l’ambulanza del 118 e gli agenti del Commissariato PS di Scampia, diretto da Bruno Mandato, che ritrovavano il povero agente giurato in ginocchio vicino all’auto di servizio con la testa insanguinata. L’uomo veniva trasportato d’urgenza all’ospedale Caldarelli e sottoposto ad immediato intervento chirurgico al capo devastato dalle sprangate.
Della Corte morirà nel nosocomio il 16 marzo di due anni fa dopo quasi due settimane di agonia fra la costernazione ed il dolore della moglie Annamaria e dei figli Luigi e Marta. La polizia risaliva ai due sedicenni e al terzo ragazzo più grande di un anno attraverso i video di alcune telecamere di sorveglianza e grazie ai successivi interrogatori di individui sospetti.
Una volta identificati e trasferiti in questura i tre amici confessavano il delitto ma si preoccupavano di chiedere agli agenti increduli se, una volta reclusi, potessero usufruire delle docce:”…Un branco di lupi che ha atteso l’agnello – ebbe a dire Antonio De Iesu, all’epoca questore di Napoli – un evento crudele, abietto, drammatico, ai danni di una persona onesta, un lavoratore, un padre di famiglia…”. Unanime lo sdegno nel capoluogo campano e a vari livelli istituzionali. Mesi dopo il processo dei tre e le condanne al massimo della pena prevista per i minorenni colpevoli di omicidio volontario.
Poi la decisione della Cassazione:”…Affronteremo questa nuova sfida con ancora più forza – aggiunge Annamaria Della Corte, moglie di Francesco, a cui si uniscono i due figli – siamo delusi, anzi siamo arrabbiati. E’ stata concessa un’altra possibilità agli assassini di Francesco per difendersi, mentre lui questa possibilità non l’ha avuta. Adesso potrebbe anche essere riconsiderata la condanna a 16 anni e mezzo?…”.
Il presidente dell’associazione Guardie giurate, Giuseppe Alviti, ha espresso il proprio vivo disappunto: ”…E’ una vergogna – conclude Alviti – a breve condanneranno il nostro collega perché ha avuto la colpa di scegliere un mestiere che tutela la collettività in uno Stato che non tutela le guardie giurate…”.
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