Genitori e parenti delle due donne non hanno mai creduto al suicidio ma, al momento, null’altro che possa far pensare a morti violente o induzione. Le indagini proseguono.
TERAMO – Che cosa si cela dietro gli apparenti suicidi delle due sorelle Viceconte? La prima, Maura, nota maratoneta e mezzofondista italiana, si era impiccata ad un albero a 52 anni il 10 febbraio del 2019 a Chiusa di San Michele, in Val di Susa mentre Simona, 45 anni, è stata ritrovata con la gola serrata da un foulard stretto alla ringhiera delle scale condominiali a Colleatterrato Basso, frazione di Teramo, il 13 febbraio scorso. Due destini stretti da un movente comune? Al momento soltanto supposizioni ma i dubbi restano, soprattutto per la famiglia delle due donne che non avevano creduto al suicidio di Maura, men che meno a quello di Simona.
I due gesti estremi, fanno sapere gli inquirenti che indagano sulla morte di Simona Viceconte, casalinga e mamma di 2 figlie a tempo pieno, non sarebbero collegati ma su quest’ultimo è stato aperto un fascicolo per maltrattamenti e induzione al suicidio a carico di Luca Amprino, 46 anni, già dipendente della banca Popolare di Bari, marito della vittima. Maura Viceconte era una donna coraggiosa e tenace. Dal 1994 al 2004 aveva superato di gran lunga le migliori fondiste europee tanto che sul tempo combinato ovvero sui 5 mila, 10 mila metri e maratona è ancora l’atleta italiana più forte di tutti i tempi. Subito dopo aveva sconfitto un grave carcinoma mammario che le aveva dato filo da torcere per cinque lunghi anni. Poi, senza un motivo apparente e forte, come dovrebbe essere, la donna si sarebbe arresa davanti all’ineluttabile. Appena finito di pranzare Maura sarebbe scesa in strada per gettare la spazzatura nel cassonetto sotto casa. Non vedendola rientrare il compagno era sceso nella via per cercarla. Fatti pochi metri, passando dal giardino, l’uomo aveva scoperto il cadavere della donna appeso ad un albero. Maura Viceconte era già morta, inutili i soccorsi.
Nessun biglietto a giustificazione della sua morte che mai avrebbe pensato di procurarsi ben sapendo di lasciare orfano il suo amatissimo figlio. Che cosa era accaduto? Quale motivo avrebbe spinto al suicidio la combattiva atleta azzurra? In linea di massima anche la sorella Simona avrebbe fatto la stessa fine con analoghe modalità. La donna è stata ritrovata penzoloni sulle scale dell’androne di casa e anche in questo caso i soccorsi sono stati inutili, come lo erano stati per l’altra sfortunata germana. Stavolta, però, sarebbe stato ritrovato un biglietto di addio indirizzato alle due figliole della vittima.
L’unico elemento che, fino ad oggi, differenzia i due suicidi. Il Pm teramano, Enrica Medori, oltre ad aver disposto l’autopsia, ha iscritto sul registro degli indagati il marito della donna, per verificare i rapporti fra i due. Pare infatti che la coppia avesse deciso di separarsi ed entrambi i coniugi avevano già firmato la relativa istanza. Sembra fosse stata Simona a chiedere, per prima, di lasciare il marito ma dopo qualche giorno aveva deciso di ripensarci forse su pressioni dello stesso Luca, anche lui poco incline a distruggere la famiglia. Poi il colpo di scena: il bancario avrebbe chiesto di accelerare la pratica di separazione ma, stavolta, sarebbe stata Simona a non essere d’accordo. Insomma un tira e molla che potrebbe aver influito non poco nella preparazione dell’insano gesto. Una decina di giorni prima del suicidio Simona Viceconte avrebbe telefonato al marito lamentando un malore e vertigini.
Lui l’aveva prontamente raggiunta a casa chiamando anche un medico che, però, aveva ritenuto di non eseguire la domiciliare. A questo punto Luca aveva avvisato la suocera ed una vicina di casa delle cattive condizioni di salute della donna che, da mesi, non usciva più di casa, non si curava e indossava quasi sempre una tuta ormai lisa. Simona Viceconte piangeva a dirotto. La stessa sera la donna è scesa in strada per gettare l’umido con una vicina di casa. A quest’ultima avrebbe detto di rientrare perché lei si sarebbe fermata per qualche istante nell’androne. Giusto il tempo di impiccarsi alla ringhiera della scala.