Nordio su caso Ilaria Salis: “Vicino a suo padre ma enfatizzazione politica non aiuta”

Il Guardasigilli dice la sua: “La risposta data dal governo ungherese l’avrebbe data qualsiasi governo”, mentre emergono due nuove prove.

Roma – Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è più volte entrato nel dibattito sul caso Salis, ma ora tiene a tracciare un confine di demarcazione preciso e delineato: “Io sono molto vicino umanamente al padre di Ilaria Salis, che ho ricevuto due volte, ma temo che l’enfatizzazione politica non giovi affatto a un risultato positivo e concreto”. Lo ribadisce perché da battitore libero e da uomo della giustizia e delle garanzie quale è, prima che da uomo delle istituzioni e da Guardasigilli, il caso dell’attivista detenuta a Budapest sta travalicando i confini in cui dovrebbe essere. Quelli giudiziari.

E invece la strumentalizzazione è servita: tanto che per due giorni è aleggiata l’ipotesi, poi subito smentita da Elly Schlein, della candidatura della Salis alle europee, un buon viatico per toglierla eventualmente dai guai giudiziari. Ma poi hanno capito che non era il caso di esagerare. Nordio fa notare che “la risposta data dal governo ungherese è quella che avrebbe dato qualsiasi governo in un caso analogo. Il potere esecutivo, in un regime democratico, non può intervenire sulle decisioni del magistrato”, spiega il ministro.

Ilaria Salis a Budapest

E aggiunge: “Se poi si ritiene, a torto o a ragione, che i giudici ungheresi siano sensibili alle pressioni politiche allora la strategia della protesta vociferante è ancora più sbagliata, perché irrita l’interlocutore e lo irrigidisce nelle sue posizioni. In questo caso bisogna agire in silenzio, con prudenza e pazienza, come è stato fatto in altri casi”. Ma la pazienza e la prudenza sembrano non appartenere molto alla classe politica sinistra che invece confonde il potere esecutivo con quello giudiziario, tanto che la separazione delle carriere è un boccone amaro che stentano a ingoiare.

Peccato però che il potere giudiziario in qualche caso non si fa influenzare dalla politica. Intanto a Budapest gli inquirenti si stanno concentrando su due prove, secondo le ultime indiscrezioni: video a volto scoperto e perizia biometrica. Due elementi a sfavore della difesa della Salis che dimostrerebbero la colpevolezza della donna nel pestaggio “antifascista” di un esponente dell’estrema destra nella capitale magiara nel febbraio del 2023.

L’insegnante milanese, attivista di estrema sinistra, in carcere a Budapest da 13 mesi è al centro di una contesa giudiziaria e politica tra Roma e Ungheria per le degradanti condizioni di detenzione a cui è sottoposta, compresa l’essere stata trascinata più volte nell’aula di tribunale in manette e ceppi. E giù con le grida sinistre contro i diritti umani calpestati, grida che non influenzano minimamente l’Ungheria. “Non è un’eroina, lei e i suoi compagni sono venuti qui e hanno commesso aggressioni barbare e premeditate contro cittadini ungheresi”.

Salis, davanti al giudice

Lo ha dichiarato il portavoce del governo Orban, Zoltan Kovacs, aggiungendo che “questi sono i fatti. Tutto il resto è una mera invenzione politica. Difenderemo la reputazione e l’integrità della nostra magistratura, non importa quanto forte la sinistra gridi al lupo”. In un videomessaggio, montato con le immagini della famosa aggressione in cui sarebbe coinvolta Ilaria Salis, Kovacs ha dichiarato: “Il padre ha parlato a tutta la stampa occidentale, comprese alcune testate americane. È stato anche invitato all’Europarlamento e ha lanciato accuse gravi e infondate o ha rilanciato altre accuse infondate che non possono rimanere senza una risposta. È stato lui a trasformare il caso della figlia in una questione politica e ora appare sorpreso che vengano date risposte politiche a queste accuse totalmente infondate”.

Per una volta tutti, tranne i fanatici delle ideologie sinistre, sembrano essere d’accordo. La politica e la giustizia devono restare separate.

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