Sborsare 50 euro per la manutenzione della scuola, che paghiamo con le tasse, è scandaloso. La preside farebbe meglio a fare le valigie dopo la figuraccia
C’è una città in cui si batteva moneta, assai simile a quella in uso ancora oggi, quando Roma era poco più che campagna; c’è una città che per prima introdusse in Europa la coltivazione del baco da seta e nella quale anche le classi meno abbienti indossavano abiti di seta; c’è una città che per la bellezza del suo porto, a forma di falce, venne chiamata Zancle; c’è una città che si sviluppa su oltre cinquanta chilometri di costa stretta, nella sua conformazione urbanistica, tra due mari, due piccoli laghi e le sue verdi colline; c’è una città che è stata colonia greca e sotto il dominio arabo, ma anche capitale di un regno assai florido; c’è una città che è stata distrutta due volte da devastanti terremoti e rasa al suolo prima dai Borbone e poi dai bombardamenti anglo-americani, ma che sempre, come l’Araba Fenice, è risorta dalle sue ceneri e macerie, più bella e grande di prima; c’è una città ove “fatti precorrendo ed idee” iniziava il Risorgimento italiano, mazziniana sotto il regno delle due Sicilie e a prevalenza monarchica agli albori della Repubblica.
C’è una città per tre volte decorata con la medaglia d’oro, che ha gettato il seme della nascente Unione Europea dei popoli e delle nazioni e non certo della finanza; c’è una città dalla quale, nel 1571, partì la flotta della Lega cristiana, sotto il comando di Don Giovanni d’Austria, che, scontratosi a Lepanto con la flotta turca, evitò, definitivamente, che l’Europa divenisse musulmana; quella stessa città nella quale, oggi, sbarcano i disperati profughi provenienti dalle coste nordafricane in cerca di un futuro di pace e speranza nel nostro continente, ma che al contempo vanta, in Italia, il più alto numero di transito passeggeri dal suo porto.
C’è una città che ha tradizioni culturali solide ed importanti, culla del diritto e dell’arte, con una Università tra le più antiche, fondata nel 1548 da Sant’Ignazio di Loyola, e scuole, istituti e licei tra i più rinomati della Sicilia.
C’è una città il cui Stretto era conosciuto ad Omero e celebrato nella Divina Commedia, nota anche per l’infelice vicenda amorosa di “Lisabetta” narrata dal Boccaccio nel suo Decamerone.
Questo e, davvero, molto altro è Messina, la porta della Sicilia, sorretta nelle sue fondamenta, lì sotto il mare, dal mitico Colapesce. E, incredibile a dirsi, questa nobile città recentemente è stata amministrata, prima dal Sindaco in sandali e t-shirt “No ponte”, ricordato perché nel 2017, in occasione del G7, salito su una sedia al teatro greco-romano di Taormina, ha urlato in faccia al presidente Trump “pis no uor” (peace not war) e, dopo, da altro personaggio politico, di diverso spessore, ma di fantasia smisurata, che, in attesa di trasformare palazzo Zanca, sede del Municipio, in un casinò, come promesso in campagna elettorale, è stato visto scorrazzare tra le sale dell’edificio comunale, in perfetta tutta da biker, alla guida di un motocross.
Ed è in questo attuale, meno edificante, contesto, aggravato da una crisi economica spaventosa e dalla fuga dei giovani alla ricerca di una dignitosa attività lavorativa, che si svolge la vicenda della dirigente scolastica di uno dei più noti licei cittadini.
La preside, pochi giorni addietro, nel corso di un’assemblea tenutasi con tutta la scolaresca, chiede un contributo economico facoltativo per la messa in sicurezza della scuola e, per essere più convincente, secondo il suo personalissimo modo di vedere le cose, così “arringa” la platea studentesca: “…cinquanta euro è un caffè a settimana, sono certissima che le vostre famiglie non soltanto si possono permettere di pagare 50 euro perché questa è una scuola di alto prestigio, non è come le scuole di montagna, voi non siete figli di contadini …”. Di tale discorso esiste un video che ha subito fatto il giro tra gli studenti e non solo, e, purtroppo, dalla visione dello stesso non si riesce a sentire la conclusione, perché le parole della dirigente vengono letteralmente coperte e sommerse dai “buuuuuuuu” che, come una sola voce, sono partiti dagli sbalorditi studenti.
La cosa non è sfuggita al Sindaco Cateno De Luca, che, dichiarando di essere figlio di contadini, ha preteso le scuse della docente; né è sfuggita al deputato regionale, Avv. Antonio De Luca, il quale, a corredo del video postato sulla sua pagina Facebook, ha commentato aspramente il comportamento della Preside, ricordando che ben altra è la tradizione socio-culturale della città, rammentando alla stessa che esistono dei valori e dei principi, anche costituzionali, che la preside sembra ignorare e quanto grande sia la dignità delle comunità montane e di quanti lavorano duramente la terra.
Raggiunto telefonicamente, il deputato siciliano, portavoce regionale del Movimento Cinquestelle, ha dichiarato che intende portare la vicenda all’attenzione delle sedi competenti, regionali e nazionali, affinché vengano adottati, ove ne fossero ravvisati gli estremi disciplinari, in una serena e seria disamina dei fatti, gli opportuni e conseguenziali provvedimenti.
Come dire che anche per la preside “classista” gli esami non finiscono mai: con l’augurio che non venga interrogata sulla nobile storia della sua città e dei suoi concittadini.