Il ministro per gli Affari regionali: “Quella parte si trova all’interno del Testo unico degli enti locali. L’ho detto a Matteo Piantedosi”.
Roma – Per Roberto Calderoli non ci sono dubbi: la norma sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose va cambiata. Il ministro per gli Affari regionali lo dice chiaro e tondo nel centro congressi di Palazzo Rospigliosi, a Roma, sede della scuola di formazione della Lega. Parole forti, con le quali Calderoli sembra voler prendere le distanze dal “far west” scatenatosi nella città pugliese. Le affermazioni del governatore pugliese Michele Emiliano alla manifestazione di Bari hanno creato un altro polverone, come se non bastasse, raccontando le minacce ricevute dall’attuale sindaco quando era assessore ai Trasporti del Comune.
“Presi” Decaro “in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle che questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di bere, se ha bisogno di assistenza, te lo affido”. Emiliano, facendo riferimento agli anni in cui era sindaco, ha raccontato di quando Antonio Decaro, fu minacciato da esponenti del clan Capriati. Ma il primo cittadino ha smentito il governatore: “Mai stato a casa della sorella del boss”. Il clima è sempre più acceso e lo scontro mafia-politica si acuisce di ora in ora.
Non le manda a dire il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli lanciando di fatto un salvagente a Decaro: “La norma sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni per mafia va cambiata?Assolutamente sì. Purtroppo quella parte è all’interno del testo unico sugli enti locali”. Ma “l’ho detto a Matteo Piantedosi: stralciamola quella parte. Forse la discrezionalità che si lascia a questa parte, chiamiamola amministrativa, è un pò eccessiva. Ci vorrebbero delle regole più chiare sul ‘quando’, il ‘come’, e il ‘se’, deve essere disposto lo scioglimento” ha sottolineato il ministro leghista.
La presa di posizione dell’esponente leghista segue le parole con cui, negli ultimi giorni, molti addetti ai lavori hanno contestato una norma che, dal 1991 a oggi, ha nutrito la burocrazia prefettizia ed è stata troppo spesso utilizzata come arma di lotta politica, senza però riuscire a “bonificare” la politica locale. Ma le parole del ministro suonano anche come un monito a tanti colleghi di centrodestra che, negli ultimi giorni, hanno alimentato la canea giustizialista contro il sindaco barese e la sua amministrazione. In questo, Calderoli sembra in sintonia con Licia Ronzulli, la senatrice di Fi che ha contestato l’approccio di tanti a quello che è ormai noto come il caso Bari. “Da garantista e antigiustizialista – ha detto – mi interrogo sui modi. Se ci sono state infiltrazioni mafiose sarà il Ministero a intervenire, ma questo far west non lo approvo”.
Il Comune di Bari va sciolto? “Non ho la sfera cristallo, non è il mio ruolo, e non ne ho le competenze. Finora non ho voluto occuparmi delle vicende della Città metropolitana di Bari, e neanche commentarle, perché le sta seguendo in maniera impeccabile il ministro deputato a farlo, Matteo Piantedosi. Per anni – ricorda Calderoli – abbiamo vissuto la vicenda della trattativa Stato-mafia e i relativi lunghissimi processi e oggi mi domando: cosa cambia in questo caso? Direi nulla, sono cambiati scenari e protagonisti, ma al posto dello Stato – prosegue l’esponente dell’Esecutivo – ci sono comunque soggetti costitutivi della Repubblica come il Comune e la Città metropolitana di Bari, al posto della mafia siciliana c’è quella pugliese, mancano le stragi ma abbiamo le dichiarazioni di un ex sindaco che oggi è il governatore di quella Regione”.
“Io – prosegue il ministro – mi sarei aspettato che l’allora assessore Decaro, oggetto di intimidazioni, con una pistola puntata alla schiena stando a Emiliano, si rivolgesse immediatamente alle autorità proposte, per cui o alla magistratura o alla Polizia giudiziaria. Quello che mi spiace in tutta questa vicenda che soggetti rappresentativi di Enti costitutivi della Repubblica non abbiano scelto di rivolgersi ad altri soggetti costitutivi, come lo Stato, ma abbiano preferito trattare con singoli cittadini, per carità degli incensurati, ma pur sempre parenti di esponenti della criminalità organizzata condannati all’ergastolo. Un qualunque altro sindaco o assessore, per perorare una giusta causa ora dovrebbe rivolgersi in Procura o andare in privato da persone incensurate ma vicine al boss locale? La risposta per me – conclude Calderoli – è una sola, con la mafia non si tratta”.