Presente alla manifestazione Mattarella: “Un testimone di speranza, educatore alla libertà”. Don Ciotti: “Sia beatificato”.
Napoli – “Sono trascorsi trent’anni dal giorno in cui i camorristi assassini uccisero vigliaccamente Don Giuseppe Diana nella sacrestia della chiesa dove si preparava a celebrare la Messa. Volevano far tacere una voce scomoda che, senza timore, si ribellava al giogo delle mafie”. A dirlo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricordando don Diana, ucciso dal clan dei Casalesi il 19 marzo 1994.
“Un testimone di speranza – prosegue il capo dello Stato – educatore alla libertà, punto di riferimento per i giovani e le persone oneste di Casal di Principe. La crudeltà con cui hanno strappato alla vita un uomo giusto, non è riuscita a sottomettere la comunità. Gli assassini sono stati individuati e condannati. La testimonianza di Don Diana è divenuta un simbolo potente di liberazione, una spinta al riscatto sociale. Don Giuseppe ai ragazzi insegnava che la via della libertà passa dal non piegare la testa al ricatto mafioso e che è possibile costruire un mondo migliore. Pagò con la vita il coraggio e la coerenza personale e la sua vita è diventata lezione, patrimonio per il Paese”.
A ricordare Don Diana, a Casal di Principe (Caserta), la colorata e chiassosa marcia degli studenti. Il corteo ha sfilato per le strette strade cittadine, con un passaggio ormai tradizionale – fatto anche dagli scout nella marcia di domenica 17 marzo – sotto la casa di don Peppe, dove fino a qualche anno fa si affacciava mamma Iolanda (è morta nel gennaio 2020). Gli studenti hanno gridato “don Peppe, don Peppe”, e ad affacciarsi al balcone sono stati i familiari del sacerdote, che hanno esposto uno striscione. I partecipanti alla marcia sono diverse migliaia; solo i pullman con gli studenti arrivati a Casal di Principe sono ben 70.
Presente alla manifestazione anche Marisa Diana, sorella del sacerdote: “Don Peppe ha guidato dal cielo tutti questi ragazzi, che seguono i suoi valori di amore e pace. Come insegnante – ha aggiunto – oggi ho potuto vedere il lavoro quotidiano che i docenti fanno per i ragazzi, per inculcare loro i valori che mio fratello ha sempre portato avanti”. Emilio, fratello del sacerdote, si è detto “commosso nel vedere tutti questi giovani camminare nel nome di don Peppe, ciò che mio fratello è riuscito ad ottenere con il suo sacrificio è qualcosa di straordinario e bellissimo per Casal di Principe”.
A denunciare il killer di don Peppe fu Augusto Di Meo, testimone oculare del delitto: era nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari quando il killer Giuseppe Quadrano fece fuoco contro il sacerdote. “Rifarei tutto – ha detto -. La camorra non se l’aspettava che il mio percorso durasse fino ad oggi, ma ho camminato in questi anni con i piedi di don Peppe. E mi aspetto ora che lo Stato dopo 30 anni riconosca il mio sacrificio”.
“Mi auguro che si arrivi alla beatificazione di don Peppe Diana perché il martirio è davanti agli occhi di tutti, la sua capacità di dire parole coraggiose e di denuncia ma anche di fare proposte e azioni partendo dalla parola di Dio; nella nostra mente e nei nostri cuori don Peppino è già santo”. Ribadisce parole più volte pronunciate, nella speranza che vengano questa volta davvero recepite Don Luigi Ciotti, presidente di Libera che stamani, come ormai da 30 anni, ha deposto una corona di fiori sulla tomba di don Peppe Diana al cimitero di Casal di Principe; con lui il sindaco Renato Natale, i fratelli di don Peppe, Marisa ed Emilio, altri parenti di vittime innocenti della camorra, come Rossana Pagano, che ancora attende il riconoscimento di parte dello Stato per la morte del padre, ucciso per errore.