Strage di Erba, Cuno Tarfusser: “Le prove maturate in un contesto malato”

Il pm di Milano insiste: “Qualcuno ha cercato di chiudere velocemente la partita, c’è un impianto della falsa memoria”.

Milano – Le tre prove principali nel processo per la strage di Erba “sono maturate in un contesto che definire malato è un eufemismo” secondo Cuno Tarfusser, il sostituto procuratore della Corte d’Appello meneghina che ha chiesto la revisione del processo a Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati all’ergastolo per l’omicidio di Raffaella Castagna, del figlio di due anni Youssef Marzouk, della madre Paola Galli, della vicina Valeria Cherubini e del ferimento del marito della donna Mario Frigerio.

Olindo e Rosa

“È chiaro che in casi del genere c’è una pressione mediatica fortissima, ma gli investigatori e i magistrati – ha aggiunto – sono dei professionisti che devono poter resistere. Io dico che ci sono degli evidenti segni che qualcuno non ha resistito alla pressione, ha cercato di chiudere la partita velocemente”. Riguardo alle tre “prove ‘regine’ (la macchiolina di sangue nella macchina di Olindo, le confessioni dei due e la testimonianza di Frigerio)”, Tarfusser ha ribadito che “nei primi interrogatori al sostituto procuratore Pizzotti il signor
Frigerio non fa il nome di Olindo, altrimenti il dottor Pizzotti certamente lo avrebbe scritto. Dopo quattro giorni arriva il luogotenente dei Carabinieri Gallorini, accompagnato da due ufficiali che stranamente non firmeranno il verbale, che suggerisce o fa il nome di Olindo diverse volte a Frigerio.

E da lì inizia quello che anche esperti in materia definiscono l’impianto della falsa memoria”. “Sulla macchia di sangue sul battitacco dell’auto di Olindo ribadisco che mai una prova così acquisita e così documentata sarebbe entrata in un’aula di giustizia anglosassone. Ci vuole un atto di fede per dire che quello che è stato esaminato proviene dal battitacco” e “oltretutto – ha concluso – i Ris dicono che sul luogo del delitto non ci sono tracce dei due condannati e nella casa dei condannati non ci sono tracce del delitto: o sono dei maghi, o c’è qualcosa che non va”. 

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