Ferocia inaudita: Alberto Pittarello ha infierito sul corpo anche quando Sara, ormai esanime, non poteva più difendersi.
Padova – Sara Buratin è stata uccisa con cinquanta coltellate, molte profonde, alcune mortali, altre superficiali. Tutte inferte con inaudita ferocia e violenza. Una di queste ha persino sfondato anche l’osso cranico. Ma la maggior parte dei colpi sono stati inferti sul corpo ormai esanime, quando la donna era già morta e non poteva più difendersi.
A stabilirlo è stata l’autopsia condotta dal medico legale sul cadavere della donna, 40 anni, trucidata dal compagno Alberto Pittarello, di 39, che lei stava lasciando e che poco dopo l’omicidio – avvenuto la mattina del 27 febbraio mentre la vittima si trovava nella casa della madre a Bovolenta, nel Padovano – si è gettato con il suo furgone nel Bacchiglione, perdendo a sua volta la vita. Sara è stata colpita alle spalle, probabilmente non se l’aspettava perché si fidava di Alberto, e non ha nemmeno avuto modo di difendersi.
L’esame ha ricostruito nei dettagli la dinamica dell’aggressione e la ferocia con cui Pittarello si è accanito sul corpo della donna, che già dopo i primi fendenti mortali, inferti alle spalle colpendo la nuca, era crollata a terra esanime. Nella sua rabbia l’uomo non si è fermato alla schiena, ma ha continuato a infierire anche nella parte anteriore del corpo, quando Sara ormai non poteva più fare nulla per salvarsi. Una vera e propria esplosione di violenza, definita in ambito criminologico con il termine «overkilling»: qualcosa scatta e spinge a continuare a colpire la vittima anche quando questa è già morta, quasi a volerla annientare ed eliminare completamente.
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