L’annullamento del decreto è stato deciso in assenza della prevista comunicazione al presidente del Consiglio e del parere del Consiglio di Stato.
“Quisquilie, bazzecole, pinzillacchere” avrebbe chiosato il grande Totò, aggiungendo a titolo definitivo un “Ma mi faccia il piacere!” che ci sta sempre bene. Devono aver pensato più o meno la stessa cosa dalle parti del Ministero delle Imprese e del Made in Italy quando hanno licenziato – il 31 marzo scorso, in piena bufera dei prezzi alla pompa – il decreto che imponeva l’obbligo di comunicazione da parte dei benzinai dei prezzi dei carburanti.
Le quisquilie di cui sopra erano la preventiva comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri e il parere del Consiglio di Stato. Insomma, si sono dimenticati di dirlo alla Meloni, o almeno non lo hanno fatto come forma richiede, e non hanno atteso il parere del Consiglio di Stato, non esattamente gli amici del bar. Così ieri il famigerato Tar del Lazio – a seconda dei pareri formidabile “raddrizzatorti” o mina vagante della giustizia amministrativa – ha annullato il decreto accogliendo un ricorso proposto dalla Federazione gestori impianti carburanti e affini, dalla Federazione italiana gestori impianti stradali carburanti, e da alcuni esercenti.
I ricorrenti sostenevano tra l’altro che il Decreto contestato imponeva l’adempimento dell’obbligo di comunicazione, esposizione e aggiornamento del prezzo medio “sproporzionati, ingiustamente afflittivi e irragionevoli”, determinando “una ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento a danno di una sola categoria di operatori (cioè i distributori di carburante) in regime di libera concorrenza rispetto ad altri soggetti economici nelle medesime condizioni”, e illegittimamente disponendo sanzioni gravose.
Ma il Tar del Lazio non è entrato nel merito, gli sono bastate – e avanzate – le pinzillacchere ministeriali per azzerare il tutto. Niente più totem ai distributori con il prezzo medio esposto, quindi, o almeno da ieri l’obbligo è decaduto, in attesa però del ricorso che il ministero ha già preannunciato a tambur battente. La decisione del Tar, specifica infatti il Mimit, “si limita ad affrontare questioni procedurali e non pone in dubbio la sussistenza dell’obbligo previsto dalla legge in ordine all’esposizione del cartello“. La chiusura del cerchio è degna della migliore commedia all’italiana: il ministero presenterà ricorso al Consiglio di Stato, proprio l’organo al quale si era dimenticato di chiedere il parere all’inizio di tutto questo giro dell’oca. E qui Totò è d’obbligo, nel ruolo del bistrattato cittadino: “E io pago!!”. Oltre alla benzina, anche le carte bollate.