Blitz internazionale: 58 arresti per traffico di stupefacenti tra Italia e Spagna

Stroncato giro di droga da 42 milioni di euro. Nel trasferimento e riciclaggio del denaro coinvolti commercianti cinesi e imprenditori italiani.

Milano – Maxioperazione della Guardia di finanza coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, contro il traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio, esercizio abusivo del credito e frode fiscale.

Oltre 400 finanzieri sono impegnati nell’esecuzione di 46 ordinanze di custodia cautelare (33 in carcere e 13 ai domiciliari) emesse dal Gip su richiesta della Dda, e di 12 fermi nelle province di Milano, Bergamo, Brescia, Monza, Varese, Mantova, Torino, Alessandria, Asti, Prato, Roma, Teramo, Catania, Salerno e in Spagna, con il supporto del Servizio centrale investigazioni criminalità organizzata di Roma, della Direzione centrale per i servizi antidroga – dipartimento di P.S. e del Corpo della polizia locale di Milano.

Con l’ausilio di unità cinofile cash dog e antidroga, sono inoltre in corso 96 perquisizioni su tutto il territorio nazionale, Spagna e Svizzera in abitazioni ed aziende riconducibili agli arrestati.

Le attività investigative hanno condotto all’individuazione dei canali di approvvigionamento e della rete di spaccio di hashish e marijuana per circa 30 tonnellate, ricostruendo traffici per 42 milioni di euro e un giro di contante di 26 milioni di euro in poco più di un anno.

Sono stati inoltre sequestrati 10 aziende e 52 immobili in Lombardia e in altre Regioni del Nord Italia, oltre a beni mobili e disponibilità finanziare per 9 milioni di euro, ritenuti dagli investigatori di provenienza illecita, e comunque sproporzionati rispetto al reddito o all’attività economica svolta dagli appartenenti all’organizzazione criminale, composta da un gruppo di italiani e spagnoli, coadiuvati da albanese e cinesi.

L’indagine si è focalizzata sulla ricostruzione delle modalità di pagamento utilizzate dai narcotrafficanti, i quali, per saldare gli acquisti delle partite di droga, si avvalevano di “servizi bancari” abusivi gestiti da cinesi, che fungevano da veri e propri “centri di raccolta” del denaro da trasferire in Spagna. Il sistema in questione si basa su un meccanismo di rimessa informale di denaro denominato fei’chi en, simile alla hawala islamica.

I cinesi (nella quasi totalità titolari di esercizi commerciali) ricevevano contante da trasferire in Spagna, in modo anonimo, veloce e non tracciabile, dietro pagamento di una commissione variabile dall’1,5% al 2%. Il metodo di pagamento dello stupefacente individuato si basava sulla compensazione senza trasferimento fisico di valuta, secondo partite di credito/debito bilanciate tra connazionali cinesi inseriti in un circuito criminale transnazionale e che offrono analogo servizio all’estero.

Per l’accettazione del controvalore “nominale” della somma versata in Italia veniva utilizzato un codice di riconoscimento (tipo token), solitamente rappresentato dal seriale di una banconota di piccolo taglio, consegnata dal corriere al collaterale spagnolo. Solo in caso di coincidenza tra il seriale della banconota e il numero comunicato dal punto di raccolta in Italia, la compensazione poteva considerarsi andata a buon fine.

È stato appurato inoltre che il denaro consegnato dai trafficanti di droga negli esercizi commerciali cinesi (nell’ordine delle decine di milioni di euro) veniva subito dopo “venduto” a una diversa associazione criminale composta da imprenditori italiani operanti nel settore dell’acciaio e della plastica, dediti a sistematiche frodi Iva con l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (con bonifici all’estero verso Cina, Svizzera e Hong Kong). Nello schema fraudolento il pagamento di fatture per operazioni inesistenti è correlato alla successiva retrocessione dei relativi importi in denaro contante, senza essere tracciati dagli organismi antiriciclaggio.

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