Fuoco amico sui Centri di rimpatrio

Per fronteggiare l’emergenza migranti il governo progetta di aprirne altri 10. Ma le Regioni alzano il muro. Non solo quelle “rosse”. La situazione è davvero allarmante.

Roma – Giorgia Meloni non aveva ancora terminato di annunciare la volontà dell’esecutivo di aprire dieci nuovi CPR (Centri dei migranti da rimpatriare) e di allungare da 6 a 18 mesi il tempo massimo di trattenimento degli immigrati, che già erano cominciati i distinguo di governatori regionali e sindaci, tutti piccati per non essere stati interpellati, qualcuno mosso da evidenti opportunità politiche, altri sinceramente dubbiosi sulla bontà della soluzione e preoccupati di accogliere sui territori di competenza quella che neanche tanto alla lontana potrebbero rivelarsi una bomba sociale.

Non desta ovviamente sorpresa la reazione delle “regioni rosse” e dei loro amministratori. “Non darò l’ok a nessun Cpr in Toscana. Si stanno prendendo in giro gli italiani, il problema dell’immigrazione è come accoglierli, non come buttarli fuori” ha tuonato il governatore toscano Eugenio Giani, subito seguito dal collega di ruolo e di schieramento, l’emiliano Stefano Bonaccini: “Di Cpr non sappiamo nulla, se qualcuno vuole costruirne uno, ci dica dove lo vuole fare”.

Semmai stupisce quella di Luca Zaia, doge leghista di un Veneto che lo ha rieletto a furor di popolo con percentuali bulgare, le cui parole suonano sinistramente, per l’esecutivo, molto simili a quelle del collega emiliano: ““Pensare di riempire in continuazione i centri di accoglienza pensando “più ce ne stanno e meglio è” non ha senso. L’accoglienza che noi abbiamo in mente non è questa. E le grandi concentrazioni purtroppo comportano dei rischi. Non sto dicendo che tutti quelli che arrivano qui sono criminali o delinquenti. Sto dicendo che se evitiamo di creare substrati per criminali in erba per poi ritrovarceli in stazione sarebbe auspicabile”.

Luca Zaia, governatore del Veneto, voce fuori dal coro sui Centri di rimpatrio

Se non è una stroncatura per il piano dell’esecutivo poco ci manca, e non si tratta di fuoco amico pretestuoso perché Zaia mette i piedi nel piatto, entra nel merito, solleva perplessità che non sono solo sue. E quando parla di “substrati criminali” da evitare non vuole fare semplice allarmismo. I Cpr esistenti, nove quelli attivi sul territorio nazionale, sono infatti luoghi di detenzione anomali che hanno già evidenziato problemi di gestione e tentativi di evasione.

Una tensione destinata a salire se la “ferma” dei migranti in vista del rimpatrio passasse, come previsto dal decreto, da sei a 18 mesi. Senza dimenticare le difficoltà delle procedure, con la trafila spesso pluriennale per il riconoscimento o meno dello status di richiedenti asilo e non da ultimo l’esistenza di un accordo o meno con i Paesi d’appartenenza per il rimpatrio. L’Italia non e ha siglati molti e quelli che ci sono procedono a rilento. Il rischio paventato è che le strutture si trasformino in centri di rivolta, e che gli immigrati in fuga finiscano per alimentare il “substrato” criminale sui territorio. Passando dal Centro alla stazione.

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