Siamo a ancora qui a raccontare l’ennesima strage sul lavoro: cinque operai morti mentre lavoravano sui binari ferroviari, di notte, a Brandizzo, in provincia di Torino, sicuri che non sarebbe passato più alcun treno.
Roma – Ed invece. Come cronisti e come cittadini si resta angosciati, smarriti, sbigottiti di fronte a tragedie del genere, soprattutto per il ripetersi della stessa storia. Con gli stessi protagonisti e con le stesse vittime: operai che, spesso, sono costretti a lavorare privi di dispositivi per la sicurezza adeguati e a ritmi frenetici perché i “lavori” vanno consegnati a qualunque costo. Anche a rischio della vita. E’ una vera e propria mattanza, come essere in guerra con un nemico ancora più infido. Sono una magra consolazione i dati diffusi dall’EUROSTAT, l’ufficio statistico dell’Unione Europea (UE), secondo cui in Europa non è che stiano meglio di noi. Però, tre vittime al giorno in media da anni, troppi, sono numeri terrificanti.
L’ufficio statistico dell’ANMIL, l’associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, ha diffuso una nota in cui è emerso che EUROSTAT inserisce nel conto solo le morti o gli infortuni indennizzati. Al contrario, l’INAIL, l’Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, anche morti e infortuni denunciati. Questo spiega la differenza tra i dati INAIL secondo cui i decessi nel 2020 sono stati 1200 e EUROSTAT che invece, afferma che sono stati 776. Una cifra e una differenza spaventose! Quindi secondo gli esperti, l’Italia si trova sovrastimata perché, ad esempio, ha considerato vittime sul lavoro i decessi per Covid-19, contagiati in azienda, mentre in Europa questo non è successo.
Ma a parte le discussioni sui metodi di rilevamento che possono risultare speciose e che lasciamo volentieri agli accademici, quello che ci preme evidenziare è altro. Ovvero che le previsioni per l’intera Europa non sono rosee, tutt’altro! Secondo l’European Trade Union Institute (ETUI), l’Istituto sindacale europeo che è il centro indipendente di ricerca e formazione della Confederazione europea dei sindacati, se non ci sarà un cambio di rotta, nei prossimi anni i decessi sul lavoro in Italia continueranno ad aumentare e si potranno annullare non prima di un secolo. In Spagna e Francia non si cancelleranno mai. Il settore che registra più decessi è quello delle costruzioni (non poteva essere altrimenti), seguito dai trasporti, agricoltura, metallurgico e servizi. Il famoso Henry Ford, magnate dell’automobilismo, all’inizio del 900, nel secolo scorso dichiarò:
“Il lavoro senza sicurezza è inefficiente”. Ed è questo che si fatica a comprendere. E’ un prezzo inaccettabile e incompatibile per società che si definiscono democratiche, civili e rispettose dei diritti sociali. I costi che ne derivano frenano la crescita economica e dell’occupazione. Inoltre, incidono pesantemente sui sistemi sanitari nazionali e su quelli previdenziali. Ed invece, come ha rilevato di recente l’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro), l’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite sui temi del lavoro e della politica sociale, ogni anno, nel mondo, circa 2 milioni di persone, tra cui 12 mila bambini, muoiono mentre svolgono un’attività lavorativa.
In Italia si verificano in media 1 milione di infortuni e circa 1300 decessi sul lavoro, 3 morti al giorno. A cosa serve enfatizzare le magnifiche e salvifiche virtù della tecnologia, quando non si riesce, se non in minima parte, ad applicarla adeguatamente per la sicurezza sul lavoro? No, non si può morire di lavoro, mentre si esercita un’attività per guadagnarsi il fatidico “pezzo di pane”! E’ una vera maledizione: se si lavora il rischio è morire, se non si lavora il rischio è la morte per stenti. E’ vita questa?