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La casa-famiglia diventa incubo: minori maltrattati

17 minori costretti a vivere in condizioni precarie e a subire maltrattamenti psicologici e fisici nella struttura gestita da una famiglia.

Varese – A conclusione delle indagini svolte dalla Polizia di Stato e coordinate dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Busto Arsizio, i gestori di una casa-famiglia che aveva sede in provincia sono stati condannati a pene che vanno da 2 a 3 anni. Padre, madre e figlio, riconosciuti colpevoli, a seguito di sentenza di applicazione pena, dei reati di maltrattamenti in famiglia continuati e pluriaggravati, in quanto commessi ai danni di minori ospiti della comunità, una delle quali affetta da disabilità.

L’attività investigativa effettuata dagli agenti della Squadra Mobile ha avuto origine dalla segnalazione di alcune anomalie da parte di soggetti che quella casa-famiglia avevano frequentato per ragioni di lavoro e per attività di volontariato, che hanno poi trovato conferma nell’ipotesi della commissione dei maltrattamenti ai danni dei minori ospiti della struttura.

Le parti offese sono 17, tutti minori che negli anni erano stati collocati presso la casa-famiglia a causa di situazioni familiari complicate e lì hanno subìto maltrattamenti psicologici e fisici, sono stati offesi nel decoro e nella dignità e sono stati posti in stato di sofferenza morale e psichica da parte dei gestori. In particolare sono stati costretti a penose condizioni di vita, vivendo in locale seminterrato non adeguatamente riscaldato e privo di luce naturale, anche mangiando cibo scaduto o scarti dei pasti dei gestori della struttura, costretti a pulire anche le zone della casa dove vivevano i gestori della struttura, compresi i bagni, con la possibilità di usare l’acqua calda per lavarsi solo per pochi minuti, minacciati e percossi se non si comportavano secondo i voleri dei tre, mortificati e subendo insulti nei confronti dei componenti delle famiglie di origine.

Casa famiglia chiusa nel varesotto

I tre sono stati destinatari, su richiesta dalla Procura di Busto Arsizio e per decisione di quel GIP, della misura cautelare personale del divieto di avvicinamento alle persone offese e della misura cautelare interdittiva che impediva loro di svolgere ancora quel tipo di servizio pubblico ed in particolare:

  • sospensione dell’esercizio del pubblico servizio di gestore della comunità familiare oggetto di indagine, e “figura genitoriale di riferimento per i minori e giovani anche in regime di prosieguo amministrativo ivi collocati”;
  • divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per il collocamento, da parte dei Servizi Sociali, di minori e giovani anche in regime di prosieguo amministrativo presso una comunità familiare;
  • divieto di svolgere attività educativa, anche in forma privatistica, attraverso lo svolgimento delle seguenti attività professionali: attività di educatore all’interno di comunità familiari, attività di baby-sitter, attività imprenditoriali o di lavoro autonomo connesse alla gestione di luoghi destinati al collocamento, da parte dei Servizi Sociali, di minori e giovani anche in regime di prosieguo amministrativo.

All’atto dell’esecuzione della misura cautelare, i minori in quel momento in carico alla comunità familiare erano stati affidati ai rispettivi Servizi Sociali affinché fossero collocati in strutture idonee. Nei giorni scorsi il tribunale di Busto Arsizio ha emesso sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, condannando gli imputati come segue:

  • padre: anni 2 di reclusione con pena sospesa;
  • madre: anni 2 e mesi 6 di reclusione convertiti in lavori di pubblica utilità;
  • figlio: anni 3 di reclusione convertiti in lavori di pubblica utilità.

La Casa-Famiglia è stata definitivamente chiusa.    

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