Al netto dei soliti test nucleari millantati o realmente eseguiti dal Paese asiatico, la novità degli ultimi mesi è l’affaccio sulla scena politica da parte di due figure del gentil sesso dopo 80 anni di leadership esclusivamente maschile.
Milano – La Corea del Nord ha ripreso a lanciare. Forse digiuno di attenzioni, il paffuto dittatore asiatico Kim Jong-Un, ha ordinato il lancio di tre missili balistici al largo della sua costa orientale. Informazione riportata lunedì scorso l’esercito della Corea del Sud. Tutti e tre sono atterrati fuori dalla ZEE giapponese, ha rivelato l’emittente pubblica NHK. Il lancio arriva appena 2 giorni dopo un lancio di un missile balistico intercontinentale (ICBM) che la Corea del Nord ha diretto nel mare al largo della costa occidentale del Giappone, in quella che ha definito una “esercitazione di lancio improvvisa”. Pyongyang ha interrotto le attività di test delle armi dal suo lancio di missili a corto raggio l’1 gennaio, sebbene ne abbia lanciati più di 70 nel 2022, un numero record per un solo anno.
Ma il vero elemento di novità, in questo abituale clima non proprio improntato alla distensione, è la comparsa sul proscenio nordocreano di due nuove figure: sorella e figlia del leader. Questa doppia entrée ha un forte valore simbolico nel processo dilemmatico che riguarda il reggenza di Kim Jong-Un. Il 39enne dittatore infatti, da quando si è ritrovato a guidare il suo Paese, è stato visto da molti analisti come un potenziale riformatore.
Speranza che mette le sue radici soprattutto nell’esperienza fatta da Jong-Un in terra elvetica, in una scuola pubblica di Berna, quando era adolescente. Atrocemente diviso tra il dar continuità a una dittatura oscura e violentissima come quella di papà Kim Jong-Il e nonno Kim Il-Sung e il traghettare la Corea del Nord verso la modernizzazione, Kim Jong-Un ha sicuramente mostrato di aver dimestichezza con l’aggiornarsi della comunicazione e, di conseguenza, della propaganda. Le sue azioni pertanto si barcamenano tra questi due poli.
Parenti serpenti
Un paio di esempi. 1 – Kim condanna a morte lo zio Chang Sung-Taek nel dicembre 2013 per alto tradimento e per il tentativo di golpe che egli avrebbe cercato di organizzare. È giustiziato da un plotone di esecuzione. 2- L’ assassinio del suo fratellastro maggiore, Kim Jong-Nam che, dopo essere stato degradato nel rango famigliare a causa di una sua maldestra “fuga” in Giappone ha avuto la non felicissima idea di diventare informatore per la Cia. Jong-Nam fu ucciso all’aeroporto di Kuala Lumpur, in Malesia, da due ignare ragazze. Reclutate con l’inganno da emissari di Kim Jong-Un, gli spruzzarono in faccia un gas nervino, il potente “agente VX” convinte che si trattasse di sapone liquido e che il bersaglio fosse vittima di un innocuo scherzo televisivo. Jong-Nam morì tra atroci sofferenze e il suo corpo venne riportato in Corea del Nord come monito per i traditori.
Dal lato più “modernista”, Kim Jong-Un dimostra di essere al passo con le moderne tecniche di comunicazione. Celebri i suoi video in cui, vestito alla “Maverick” di Top Gun, cammina con baldanza dinanzi a missili nucleari di nuova fabbricazione. Oppure il suo recente dimagrimento ad hoc visto all’ultimo congresso del partito, in cui Kim per la prima volta ha parlato di grave crisi alimentare nel Paese e di conseguenza ha mostrato fisicamente di essere vicino al popolo.
La sorellina terribile
In tale ottica si legge l’ingresso sulla scena delle due giovanissime donne al suo fianco. La sorella è la minuta Kim Yo-Jong, direttrice del dipartimento di propaganda del partito. Da sempre ha esercitato il ruolo di consigliera del fratello agendo nell’ombra, come si confà alle dittature. La 35enne, nella sua prima sortita pubblica, si è subito uniformata ai toni della dinastia minacciando di trasformare il Pacifico in un “poligono di tiro“. La donna ha rilasciato una dichiarazione minacciosa alla luce dell’aumento della presenza di risorse strategiche statunitensi nella penisola coreana. Domenica infatti gli Stati Uniti hanno tenuto esercitazioni aeree congiunte con la Corea del Sud e il Giappone in risposta al lancio dell’ICBM della Corea del Nord.
“Stiamo esaminando attentamente l’influenza che eserciterebbe sulla sicurezza del nostro stato. La frequenza dell’uso del Pacifico come poligono di tiro dipende dal carattere dell’azione delle forze statunitensi” ha affermato con un certo animus pugnandi Kim Yo-Jong. La sorellina si è spesa anche per confutare la valutazione degli esperti sulle capacità missilistiche nordcoreane. È stato infatti sottolineato che ci sono volute oltre 9 ore affinché il lancio del missile “improvviso” avvenisse dopo un ordine del leader Kim. “Abbiamo tecnologia e capacità missilistiche ‘soddisfacenti’ e ora ci concentreremo sull’aumento della quantità e della forza“.
L’utilizzo della deterrenza nucleare è da sempre la vera arma nelle mani di Pyongyang. Viene utilizzata di tanto in tanto per ottenere aiuti alimentari e medici in un Paese che si trova da anni immerso in una dilaniante povertà ed è perennemente alla mercè di devastanti carestie. Come il papà Kim Jong-Il, anche Kim Jong-Un sa bene che in caso di passo falso sulla pulsantiera, il suo Paese verrebbe spazzato via nel giro di un batter di ciglia. Il lancio del missile di lunedì è il terzo importante test sulle armi della Corea del Nord quest’anno.
La primogenita simbolo del regime
L’altro ingresso a tinte rosa nel panorama dittatoriale coreano è quello della piccola Kim Ju-Ae, 10 anni compiuti. Primogenita di Jong-Un e della moglie Ri Sol-Ju, cantante che ci sta giocoforza simpatica, dato che è la prima che ha il nome diverso da Kim. L’esistenza della piccola Ju-Ae fu rivelata qualche tempo fa ai giornalisti americani dall’eccentrico Dennis Rodman, ex fuoriclasse del basket, stretto amico di Kim Jong-Un. La figlia è spesso descritta dai media statali come la “figlia amata” o “figlia rispettata” di Kim. Come se ci fossero figli da non amare/rispettare, bontà loro.
Di solito Ju-Ae accompagnava il papà in occasione di eventi a sfondo militare. Ma venerdì scorso la bimba lo ha affiancato a un evento sportivo. Il potente papà in queste occasioni si mostra sempre molto tenero con la figlia, trasmettendo così un’immagine di papà-modello, applicabile anche alla patria. In mezzo a missili e carri armati, la presenza di Ju-Ae segnala al popolo che Kim Jong-Un protegge la nazione in una rassicurante veste paterna. La bimba si erge anche a simbolo per il regime della generazione futura da proteggere, anche attraverso l’uso delle armi.
Ala luce di questa graziosa presenza ormai stabile accanto a Kim Jong-Un, la roboante uscita della sorella in chiave anti-Usa è stata letta come un memento al fratello: “Sono io la first lady”. Le speculazioni più maliziose infatti suggeriscono che tra la sorella e la figlia di Kim Jong-Un ci sia una corsa sotto-traccia per la successione. Ma, considerata l’età di Kim Jong-Un, è probabile mera speculazione giornalistica. Ad ogni modo, visto come sono finiti zio e fratellastro, care ragazze conviene teniate occhi e orecchie ben aperti…