La povertà assoluta è in netto aumento e diero segue quella relativa. I salari troppo bassi e l’aumento dei prezzi anche dei generi alimentari determina allarme sociale sempre più pesante. Il nuovo governo deve correre e risolvere i problemi della gente ma l’inizio di questa legislatura non sembra affatto brillante. Speriamo siano solo scaramucce di poco conto.
Roma – Mentre la coalizione di governo litiga e si lava i panni sporchi davanti a tutti, gli italiani precipitano nell’indigenza. La povertà, tra assoluta e relativa, colpisce quasi 3 milioni di famiglie, per un totale di circa 8,7 milioni di persone. Questa la nuova analisi pubblicata dal Censis insieme a Confcooperative, che fa il punto sulle condizioni economiche della popolazione. A trovarsi in situazione di povertà assoluta, cioè la condizione economica in cui non ci si può permettere nemmeno le spese minime per raggiungere condizioni di vita accettabili, cosi come definite dall’Istat, sono quasi due milioni di famiglie, oltre 5 milioni e mezzo di individui.
“…Il disagio sociale supera i confini della povertà conquistando nuovi spazi, mietendo nuove vittime tra coloro che fino a oggi pensavano di esserne al riparo…”, commenta il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini. Poi ci sono almeno 300 mila imprese che rischiano di dover cedere ai debiti, che mettono in pericolo l’occupazione di circa 3 milioni di persone.
I dati indicano che avere un reddito da lavoro dipendente spesso non è più sufficiente per evitare il rischio di povertà e condizioni di forte disagio. Infatti su un totale di 22,5 milioni di occupati, sono quasi 5 milioni, in pratica il 21,7%, ad avere lavori non standard, formula con cui si indicano i dipendenti a termine, part time e collaboratori. Condizioni che rendono meno stabile la vita lavorativa e, quindi, avvicinano la possibilità di finire nelle ristrettezze.
A essere più colpiti dalla precarietà economica e sociale sono i giovani nella fascia d’età 15-34 anni, le persone con basso livello d’istruzione con un contratto non standard che hanno la licenza media ed i residenti al Sud, circa il 28,1%. Certo il mito del posto fisso dà maggiore tranquillità ed è molto ambito, ma non è sempre la risposta sufficiente a tutte le problematiche, poiché è necessario uno stipendio adeguato. Tra tutti i dipendenti del settore privato, 4 milioni sono considerati “a bassa retribuzione”, ciò in quanto ricevono meno di 1000 euro al mese.
Di questi, 412 mila hanno un lavoro a tempo indeterminato e full time. Gli occupati in nero sarebbero, invece, circa 3,2 milioni. Tra questi, circa 2 milioni e mezzo lavorano nei servizi e 500 mila sono i cosiddetti “falsi autonomi”, che di fatto hanno un rapporto continuativo con un solo datore di lavoro, che però non li assume e quindi non fornisce le garanzie di un contratto da dipendente.
Non si trovano in condizioni migliori i pensionati che percepiscono meno di 12 mila euro all’anno. Poi tra le pensioni di anzianità o di vecchiaia, 6 su 10 non arrivano nemmeno a 10 mila euro annuali. Inoltre la pensione di cittadinanza ha un importo medio mensile di 248 euro, di cui circa un terzo hanno una disabilità. Tra tassazioni, caro energia e bollette sempre più esose ogni programmazione è saltata, così oltre il tracollo di una economia in bilico vi è una situazione sociale che rischia di esplodere da un momento all’altro.