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26 giugno 1990: il coraggio dell’assessore Antonio Pontari, ucciso dalla ‘ndrangheta reggina

#InostriStudentiRaccontanoiMartiridellaLegalità: continua l’iniziativa del CNDDU per la memoria.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

In ricordo della tragica sorte dell’assessore Antonio Pontari, brutalmente assassinato dalla ndrangheta reggina il 26 giugno 1990, il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani raccoglie la testimonianza nell’ambito del progetto #InostriStudentiRaccontanoiMartiridellaLegalità della giovanissima studentessa Alessandra Riillo, classe III sez. C, del Liceo scientifico Filolao di Crotone, la quale ricorda Antonio così:  

Antonio Pontari era un assessore socialista all’urbanistica al Comune di San Lorenzo (Rc), responsabile dell’ufficio tecnico dell’ospedale “Morelli” di Reggio Calabria, quando la mattina del 26 giugno del 1990, mentre si stava recando sul posto di lavoro con la sua Bmw; ad un semaforo, lungo la superstrada ionica, nei pressi dell’aeroporto “Tito Minniti”, fu assassinato a soli 42 anni con 2 colpi di pistola Beretta calibro 9, di cui uno lo ferì alla tempia, mentre l’altro gli recise l’aorta. A sparare, un killer, Santo Maesano, a bordo di una moto, guidata da un complice, Enzo di Bona. Secondo la testimonianza di alcuni pentiti, l’iniziativa dell’omicidio di Pontari venne presa su ordine del boss di San Lorenzo Domenico Paviglianiti, il quale fu dichiarato innocente nel processo d’appello. Il supporto logistico fu invece garantito da Domenico Testa e Giovanni Riggio, quest’ultimo poi collaboratore di giustizia e tra gli accusatori di Paviglianiti. Il racconto dei pentiti sulla morte di Pontari corrispondeva con le dichiarazioni rese della sorella di questo, che aveva espressamente indicato lo scopo dell’omicidio, ovvero il desiderio di Paviglianiti di imporre sul territorio di San Lorenzo l’egemonia della cosca e l’accertamento sugli appalti. 

Purtroppo ancora oggi la mafia continua a voler gestire illegalmente gli appalti in molti comuni sparsi sul territorio italiano, magari mostrandosi in maniera meno violenta. In realtà oggi la criminalizzata utilizza giacca, cravatta e ventiquattrore e si è intrufolata, mimetizzandosi, nei gradini più alti del mondo economico. Per tale ragione è importante ricordare il coraggio delle vittime di mafia: sono un monito per tutti e principalmente per le nuove generazioni perché se l’aspetto esteriore è cambiato l’immoralità e la violenza delle organizzazioni criminali è la medesima, sono sempre pronte ad utilizzare atti brutali a uccidere persone innocenti e oneste pur di raggiungere i propri scopi.

In Calabria, così come in ogni regione meridionale, negli anni Novanta la Ndrangheta controllava molte scelte della politica e interveniva in molti casi nell’attribuzione e gestione degli appalti pubblici. Come è noto la storia di Antonio Pontari si sviluppò proprio in tale contesto. Antonio, persona retta e onesta, è simbolo di legalità e coerenza anche oggi nella nostra realtà odierna e nelle nostre aule scolastiche.  

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.

Prof. Romano Pesavento

Presidente CNDDU

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