I finanzieri scoprono un’ingente partita di prodotti importati con segni mendaci; la società rischia denunce e sanzioni amministrative.
Ravenna – Nell’ambito delle attività di vigilanza volte al contro dei traffici illeciti e delle frodi commerciali, il Gruppo ha effettuato un controllo nei confronti di un’impresa operante, tra l’altro, nella rivendita di prodotti importati attraverso lo scalo portuale ravennate e destinati al consumo sul territorio nazionale.
Nella circostanza, l’attività ispettiva, eseguita in attuazione delle disposizioni del nuovo Codice Doganale dell’Unione Europea, ha avuto a oggetto una “partita” di legno in pellet sfuso del tipo “pino”, ancora in parte stoccato presso i magazzini aziendali e in procinto di essere rimpacchettato in confezioni da 15 kg e dunque ceduto ad aziende distributrici del settore.
A questo punto i finanzieri hanno ritenuto di effettuare ulteriori approfondimenti volti a verificare la regolarità della filiera interessata alle effettive modalità di commercializzazione del prodotto nei confronti dei consumatori finali. In particolare, attraverso il raffronto tra la documentazione inerente all’importazione dei medesimi prodotti e il contenuto delle successive fatture emesse nei confronti di clienti, è emerso che circa 240.000 Kg di pellet prodotti con legno di “pino” – che si sono tradotte in 16.000 confezioni al dettaglio – erano state vendute, invece, come legno di “abete”, sebbene in Brasile (Paese di provenienza del prodotto) insistano esclusivamente piantagioni di “pino”.

Non si tratta invero di una difformità di poco conto: tale diversa indicazione sulla reale qualità del prodotto, infatti, non è per nulla indifferente per il consumatore finale, in quanto il pellet di abete è più costoso, poiché considerato di alta qualità, in ragione del fatto che la sua combustione rilascia meno residui di cenere e determina una resa energetica maggiore rispetto ad altre tipologie (es. pino, faggio, castagno, larice).
Pertanto, dal momento che l’apposizione di marchi e scritte mendaci sulla qualità del prodotto è stata considerata idonea a indurre gli ignari consumatori all’acquisto dello stesso, perché mossi dall’aspettativa di un certo pregio qualitativo tipico di una diversa categoria di beni, è stata informata la Procura della Repubblica di Ravenna in relazione alle ipotesi di reato di “vendita di prodotti industriali con segni mendaci” di cui potrà essere chiamata a rispondere anche la società, trovando applicazione, in astratto, anche la normativa che prevede la “responsabilità amministrativa degli enti”.