Dl Giustizia, nuova stretta contro i giudici: “no comment” sui temi di cui si occupano

Nella bozza del decreto che verrà discusso lunedì in Cdm la previsione di azioni disciplinari per le toghe che prendono posizioni pubbliche.

Roma – Azioni disciplinari per i magistrati che prendono posizioni pubbliche su un argomento di cui si occupano o di cui si occuperanno. La novità sarebbe nella bozza del decreto legge in materia di Giustizia che sarà discusso lunedì prossimo in Consiglio dei ministri. All’articolo 4 del decreto, come riporta l’Ansa e come anticipato dal Fatto, viene introdotta una nuova norma sulle disposizioni in materia di illeciti disciplinari dei magistrati, secondo cui un illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni si verifica anche quando c’è “la consapevole inosservanza del dovere di astensione nei casi in cui è espressamente previsto dalla legge l’obbligo di astenersi o quando sussistono gravi ragioni di convenienza”.

In caso di azione disciplinare del ministro, come da prassi spetterebbe poi alla sezione disciplinare del Csm decidere se infliggere una sanzione. La nuova norma, che alimenta il braccio di ferro governo-toghe, si aggiungerebbe quindi all’insieme dei casi che riguardano gli illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni dei magistrati. L’introduzione del concetto ampio di “gravi ragioni di convenienza” – secondo fonti dell’Esecutivo – fa seguito, tra le altre considerazioni, ad un’interpretazione già manifestata dalla maggioranza secondo cui il ministro debba avere la facoltà di promuovere azioni disciplinari quando un magistrato, che si occupa di determinate norme ed argomenti, prende posizioni pubbliche su quegli stessi temi.

Il Guardasigilli Carlo Nordio fa notare: “Le bocche dei giudici non sono bocche mute, come Shakespeare definiva le ferite di Giulio Cesare, sono bocche che parlano e che devono essere ispirate dal raziocinio, dal buon senso, e dal principio di legalità e tassatività che derivano dalla Costituzione e dalla legge ordinaria. Non vi è spazio, è già molte volte lo ha ribadito anche il presidente Mattarella, per il diritto cosiddetto creativo. Naturalmente siccome le bocche dei giudici parlano, parlano anche in base allo spirito dei tempi e si adattano alle modificazioni del tempi”.

Il decreto che andrà in Cdm lunedì conterrebbe anche aspetti sul coordinamento delle indagini che rientrano nel perimetro della sicurezza nazionale cibernetica. In uno dei passaggi della bozza si fa riferimento ai “poteri di impulso” della Direzione investigativa antimafia per le indagini che riguardano reati cyber contro strutture strategiche nazionali: un tipo di fascicolo che andrebbe quindi in carico alla Procura nazionale antimafia mentre al Viminale, come già previsto, spetta la prevenzione e il controllo su questo tipo di fenomeni. Nella bozza è anche previsto l’arresto obbligatorio in flagranza “nel caso di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico in sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico”.

Subito la replica di Magistratura democratica. “Il Governo propone un decreto legge perché sarebbe di ‘straordinaria necessità e urgenza’ impedire ai magistrati di partecipare al dibattito tra i giuristi, insieme ad
avvocati e professori, sulle leggi. Se lo faranno dovranno poi astenersi dal trattare tutti i processi in cui dovesse essere applicata la legge di cui hanno discusso. Questo farà sì che i magistrati, esperti di un settore del diritto, non potranno più parlarne, – prosegue la dura nota della corrente progressista Magistratura – democratica, facendo venire meno il confronto con gli altri giuristi; significherà impedire ai magistrati di spiegare le norme ai loro colleghi nella Scuola superiore della magistratura”.

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