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Muore dopo una liposuzione: studio medico abusivo operava da 13 anni senza autorizzazioni

Ana Sergia Alcivar Chenche, 47 anni, ha perso la vita nello studio clandestino del dottor Lizarraga, già sequestrato tre volte dai NAS.

Roma – Una porta fatiscente, un tappetino consunto con la scritta “Welcome” che suona come un amaro presagio, e una lista infinita di nomi sul campanello. È questo lo scenario che accoglie chi arriva al primo piano di via Francesco Roncati 6, nel quartiere Torrevecchia, dove sabato scorso Ana Sergia Alcivar Chenche, una donna ecuadoriana di 46 anni, ha perso la vita durante un intervento di liposuzione.

Un ambulatorio fantasma con un passato di irregolarità

La modesta palazzina di periferia nascondeva uno studio medico abusivo gestito dal dottor Josè Lizarraga Picciotti, un medico peruviano di 65 anni che da tredici anni operava senza le necessarie autorizzazioni sanitarie. La storia di questo ambulatorio clandestino era già segnata da numerose irregolarità: i carabinieri del NAS lo avevano sequestrato ben tre volte – nel 2006, nel 2010 e nel 2018 – sempre per violazioni delle norme sanitarie.

Lo studio chiuso tre volte dai NAS

Durante l’ultimo controllo, Lizarraga aveva firmato un’autodichiarazione per l’Asl, in cui si impegnava solennemente a non effettuare “interventi invasivi” come, appunto, le liposuzioni. Una promessa che evidentemente non è stata mantenuta.

Il medico dal curriculum controverso

Il curriculum del dottor Lizarraga presenta credenziali apparentemente prestigiose: formazione in Microchirurgia e Chirurgia plastica presso l’Università di Örebro in Svezia, la Universidad Nacional Federico Villarreal e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Tuttavia, il suo passato giudiziario racconta una storia diversa.

Nel 2013 era stato condannato in primo grado a quattro mesi di reclusione per lesioni colpose – pena poi prescritta in appello – dopo la denuncia di una paziente rimasta sfregiata da un precedente intervento di liposuzione. Nonostante questo precedente, il medico continuava la sua attività clandestina, pubblicizzandosi attraverso i social network e sfruttando il passaparola nella comunità sudamericana.

La tragedia di Ana: un sogno di bellezza finito in tragedia

Ana Sergia Alcivar Chenche era arrivata da Genova insieme al compagno, attratta dalla promessa di una “nuova silhouette” attraverso l’aspirazione dell’adipe. Come tante altre donne prima di lei, aveva scelto di affidarsi alle mani di Lizarraga per realizzare il sogno di sentirsi più bella e sicura del proprio corpo.

Durante l’intervento la situazione è precipitata

Sabato scorso, poco dopo l’inizio dell’intervento, la situazione è precipitata. Ana ha perso conoscenza a causa di quella che è stata poi definita “un’ipotensione marcata e un quadro generale di shock da ricondurre a molteplici cause”. Il compagno ha raccontato quei momenti drammatici: “Ero nell’ambulatorio, a un certo punto i medici sono usciti dalla stanza e mi hanno detto che c’era un problema di pressione alta ma ci hanno messo troppo a chiamare i soccorsi”.

I soccorsi tardivi e la corsa disperata verso l’ospedale

Nello studio hanno tentato disperatamente di rianimare la donna. Solo quando la situazione è apparsa irrecuperabile, hanno allertato prima un’ambulanza privata – arrivata dopo una lunga attesa – e successivamente il 118. L’anestesista del servizio di emergenza ha provato un ultimo massaggio cardiaco durante il trasporto.

Il decesso all’Ospedale Umberto I

Alle 20:32 Ana è arrivata al Policlinico Umberto I già intubata e in arresto cardiocircolatorio. Nonostante gli sforzi dei medici dell’ospedale, è deceduta poco dopo le 21:00.

L’inchiesta della magistratura

Il pm Andrea D’Angeli e l’aggiunto Sergio Colaiocco hanno immediatamente aperto un’inchiesta per omicidio colposo, iscrivendo nel registro degli indagati tre persone: il chirurgo Lizarraga, l’anestesista e l’infermiere presenti durante l’intervento. È stata disposta l’autopsia sul corpo della vittima per chiarire le cause esatte del decesso.

Nessuno strumento di primo soccorso, a cominciare dal defibrillatore, era presente nell’appartamento adibito a studio medico. È quanto emerso dai primi controlli. Inoltre, gli inquirenti non hanno rinvenuto né la cartella clinica della paziente né alcuna documentazione relativa agli interventi eseguiti su altri pazienti dal principale indagato.

La fuga del medico e il silenzio dello studio

Oggi via Francesco Roncati appare deserta. Lo studio è sigillato dalla Questura di Roma. Il medico ha spento il telefono e non è più rientrato nella sua abitazione al piano terra del palazzo adiacente, dove pare viva da diversi anni.

“Non so nulla, sabato e domenica ero fuori nella casa al mare, il dottore è fuori, non sta neanche visitando”, ha dichiarato al telefono l’ex moglie, specializzata in trattamenti estetici.

I condomini raccontano che fino a tre giorni fa il via vai di pazienti era incessante. Alcune donne del quartiere avevano pensato di effettuare dei trattamenti allo studio ma avevano poi deciso di rivolgersi altrove: “Poco pulito, poco attrezzato, non sembrava un posto dove effettuare operazioni”, riferisce una di loro.

Un fenomeno che si ripete

La morte di Ana Sergia Alcivar Chenche si aggiunge alla tragica lista di vittime della chirurgia estetica clandestina.

Il tragico destino di Margaret Spada

Come Margaret Spada e Simonetta Kalfus prima di lei, Ana ha pagato con la vita il desiderio di sentirsi più bella, cadendo vittima di medici che operano al di fuori di ogni controllo sanitario.

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