Sette anni di attesa: “Guardate negli occhi mia figlia e ditele che non è tornata a casa per i soldi” è il grido di dolore di mamma Graziella.
Roma – “Da sette anni combatto perché non succeda ad altri quello che è successo a Elena. Ho messo sui social la foto di Elena per dire: guardate negli occhi mia figlia e ditele che non è più tornata a casa per motivi legati ai soldi”. Le parole di Graziella Viviano risuonano ancora oggi nell’aula del tribunale penale di Roma, in cui – il 27 maggio scorso – si è tenuta l’udienza del processo che vede imputati sei funzionari comunali per omicidio stradale in concorso.
La madre di Elena Aubry, la ragazza di 26 anni morta nel maggio 2018 in un tragico incidente stradale, continua la sua battaglia per la giustizia. Il processo ha preso il via il 10 gennaio 2022.
La tragedia del 6 maggio 2018
Era il 6 maggio 2018 quando Elena Aubry, 26 anni, rimase vittima di un incidente stradale, mentre rientrava dal mare. La giovane, che viveva a Monteverde Nuovo, era in sella alla sua Honda Hornet quando all’altezza del Cineland di Ostia in via Ostiense perse il controllo del mezzo. Elena morì sul colpo.
La ragazza impattò contro il guard rail e poi contro un albero. I soccorsi furono immediati ma per Elena non ci fu nulla da fare. La notizia della sua morte fu comunicata da una pattuglia di agenti municipali che si recò nell’abitazione di zio Salvatore, in via Manassei. Toccò a lui comunicare alla sorella Graziella – mamma di Elena – la tragica scomparsa della nipote.

Il dissesto stradale fatale: quando l’incuria delle istituzioni diventa mortale
Le indagini sulla morte di Elena Aubry hanno rivelato che la causa dell‘incidente non è stata una distrazione o un errore di guida. Elena ha perso il controllo della moto “tra due gibbosità, distanti appena un metro e 40 centimetri” una dall’altra. Il manto stradale dissestato, le radici che avevano sollevato l’asfalto e le buche presenti sulla carreggiata hanno creato una situazione di pericolo mortale.
Nel giugno 2020, nello stesso tratto di strada in cui morì Elena, si è verificato un altro incidente che ha coinvolto una donna. Il rischio di perdere altre vite ha spinto la madre di Elena a chiedere interventi strutturali, come l’istituzione del senso unico da Ostia verso la Capitale.
Il processo e le richieste di giustizia: sette funzionari comunali sotto accusa
Il giudice per le indagini preliminari di Roma ha rinviato a giudizio sette persone con l’accusa di omicidio stradale per la morte di Elena Aubry. Gli imputati sono funzionari del Comune di Roma che avrebbero dovuto occuparsi della manutenzione della via Ostiense. Il responsabile della sorveglianza della ditta vincitrice dell’appalto per la manutenzione della strada è stato condannato a due anni con rito abbreviato.
“Da questo processo mi attendo giustizia, nulla può riportarmi mia figlia ma ora tutti devono sapere che chi si prende la responsabilità della gestione di una strada deve farlo al meglio”, ha dichiarato Graziella Viviano.

Una battaglia per il cambiamento
La madre di Elena non chiede solo giustizia per sua figlia ma si batte per un cambiamento più ampio. “Spero si introducano nuove leggi. Mi auguro che questo tipo di reati, dove viene messa in pericolo la vita dei cittadini, siano paragonati a una strage“, ha aggiunto Viviano.
La sua battaglia va oltre la tragedia che l’ha colpita. È una lotta per la sicurezza stradale, per la responsabilità delle istituzioni nella manutenzione delle infrastrutture e per evitare che altre famiglie debbano vivere il suo stesso dramma.