Matteo De Santis, Paolo Agnese e Luca Frazzica si difendono al processo per il tragico crollo del 14 agosto 2018. E scaricano le loro responsabilità.
Genova – “Profondo cordoglio per le vittime e i loro familiari,” ma “non siamo responsabili.” È il filo conduttore delle dichiarazioni spontanee rese oggi, martedì 18 marzo 2025, da tre imputati nel processo per il crollo del Ponte Morandi, che il 14 agosto 2018 costò la vita a 43 persone a Genova. Davanti ai giudici della Corte d’Assise, Matteo De Santis, Paolo Agnese e Luca Frazzica – tutti ex tecnici di Autostrade per l’Italia (Aspi) – hanno aperto la fase delle testimonianze degli imputati, esprimendo dolore per la tragedia ma difendendo il loro operato, scaricando le colpe su altri livelli dell’organizzazione o su Spea, la società incaricata dei monitoraggi.
Il primo a parlare è stato Matteo De Santis, responsabile dell’ufficio progettazione, sorveglianza e monitoraggio di Aspi. “I nostri rapporti erano tutti prodotti con voti in entrata e in uscita dai tecnici di Spea,” ha spiegato, sottolineando come il suo ufficio avesse un ruolo limitato. “I progetti a noi delegati erano per lo più conservativi, non strutturali. La gran parte dei lavori era affidata a Spea.” Una linea difensiva che sembra voler ridimensionare la sua influenza sulle scelte cruciali per la manutenzione del viadotto Polcevera, crollato per un vizio occulto nella pila 9, secondo le perizie.
Paolo Agnese: “Solo manutenzione ordinaria”
A seguire, Paolo Agnese, tecnico del tronco di Genova, ha preso la parola con un tono personale: “Sono nato lì vicino, vedevo il ponte dalla finestra e ci passavo con mia moglie e i miei figli. Essere coinvolto in questo processo mi ha sorpreso.” Dopo aver espresso “vicinanza ai parenti delle vittime” e definito il crollo “una catastrofe immane,” ha chiarito il suo ruolo: “Mi occupavo di manutenzione ordinaria. Le grandi opere erano gestite dagli uffici centrali di Roma di Aspi.” Una dichiarazione che delimita le sue responsabilità, lasciando intendere che le decisioni strutturali fossero fuori dalla sua portata.
Luca Frazzica: “Messo in un angolo”
Ultimo a intervenire, l’ingegnere Luca Frazzica, responsabile del coordinamento delle opere strutturali fino al 2017. “Ho profondo cordoglio per le vittime, i loro familiari e tutti i genovesi,” ha esordito, prima di raccontare un trasferimento che lo avrebbe emarginato: “Nel 2017 fui spostato alla direzione generale, un passaggio indigesto. Mi tolsero responsabilità, fui messo in un angolo.” Frazzica ha poi rivelato un incarico ricevuto: “Dovevo fare un’analisi critica dell’operato di Spea sul monitoraggio. Evidenziai criticità nelle schede trimestrali,” suggerendo che i problemi fossero già noti, ma non risolti da altri.
Un processo lungo e complesso
Le dichiarazioni di oggi segnano l’inizio di una serie di 14 interventi spontanei previsti fino al 26 marzo, quando parlerà l’ex ad di Aspi, Giovanni Castellucci, figura chiave tra i 58 imputati. Il processo, iniziato nel luglio 2021, è a un punto di svolta: dopo anni di perizie e consulenze tecniche – che hanno indicato corrosione dei cavi e un vizio di costruzione come cause del crollo – si avvicina alla fase delle requisitorie, attese per l’estate, con una sentenza possibile nella primavera 2026, a quasi otto anni dalla tragedia. Egle Possetti, portavoce del Comitato familiari delle vittime, accoglie i tempi, ma chiede “modifiche normative per evitare la prescrizione.”