L’obiettivo è quello di procedere il 25 marzo con le dichiarazioni di voto sul mandato ai relatori, tra le perplessità espresse dal Capo dello Stato.
Roma – Slitta ad aprile l’ipotesi di approdo nell’aula del Senato del ddl sicurezza, già approvato da
Montecitorio. Secondo quanto riferito da fonti parlamentari, le commissioni Affari costituzionali e Giustizia hanno continuato questa settimana a votare gli emendamenti presentati dalle opposizioni e la successiva passeranno alle proposte di modifica accantonate, tra cui quelle all’articolo 31 sull’attività dei servizi segreti. L’obiettivo è quello di procedere il 25 marzo con le dichiarazioni di voto sul mandato ai relatori e dunque l’approdo in Aula non ci sarà prima di aprile.
Restano sul tavolo le perplessità espresse dalla presidenza della Repubblica in merito ad alcune norme su cui Palazzo Chigi aveva aperto a modifiche, che imporrebbe un terzo passaggio alla Camera, ma su cui la maggioranza non ha ancora trovato una quadra. Durante un confronto due giorni fa tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio e i capigruppo della maggioranza, la Lega ha ribadito la propria contrarietà. “Una decisione definitiva” su come procedere (sì o no a modifiche) non c’è stata, ha risposto il capogruppo Lega Riccardo Molinari che ha poi confermato che il Carroccio, nel caso di una terza lettura, “valuterà” se presentare un proprio pacchetto di richieste. Su questo aspetto il comunicato di via Arenula diffuso nelle ultime ore è rimasto vago: mentre ha definito come prioritaria la riforma della Giustizia con la separazione delle carriere e del Csm, sul ddl sicurezza si è limitato ad assicurare un “grande impegno” per portarlo a casa.
In commissione l’esame del ddl, seppur a singhiozzo, è arrivato quasi alla fine con la bocciatura di tutti gli
emendamenti messi ai voti. La prossima settimana si passerà agli accantonati all’articolo 31 sugli 007, su cui le opposizioni hanno chiesto un dibattito approfondito. Il senatore dem Andrea Giorgis, ha chiesto un “confronto” sull’articolo 31 con il Governo, “anche attraverso una nota scritta, per un chiarimento sulla portata innovativa della norma nell’ambito dell’ordinamento”. Su questo il presidente della commissione Affari Costituzionali Alberto Balboni ha assicurato di essersi “già adoperato”.