A Foggia 200 telefonini da inizio anno, a Pavia 40. Osapp: “Carceri diventate veri e propri hub per lo spaccio grazie ai dispositivi mobili”.
Pavia – Solo ieri la notizia dei 200 cellulari sequestrati da inizio anno nel carcere di Foggia, dove si è dovuto ricorrere ad un maxi blitz di un centinaio di agenti penitenziari arrivati dagli istituti pugliesi. Oggi dall’altro capo d’Italia, la musica è sempre la stessa. Come in Puglia, in Lombardia le celle si trasformano in piazze di spaccio e usare i telefonini è ormai una drammatica abitudine. Negli ultimi mesi la polizia penitenziaria ha impedito l’introduzione illecita nel carcere di Pavia di smartphone e sostanze stupefacenti. Le attività di prevenzione e di repressione attuate dagli agenti hanno permesso di sequestrare una quarantina di telefoni cellulari e circa mezzo chilo di droga. Lo rende noto il segretario generale del sindacato autonomo Osapp, Leo Beneduci.
Il sindacalista in una nota ringrazia uomini e donne della polizia penitenziaria di Pavia, perché “con determinazione e spirito di servizio contribuiscono quotidianamente a garantire la sicurezza e l’ordine all’interno delle carceri italiane. Gli istituti penitenziari della penisola sono ormai diventati veri e propri hub per lo spaccio di droga e per la gestione illegale di comunicazioni attraverso dispositivi mobili – sostiene Beneduci -. Tuttavia, nonostante il numero esiguo di agenti, il personale di polizia penitenziaria continua a
garantire il proprio impegno, ottenendo risultati straordinari. Queste operazioni dimostrano ancora una volta quanto sia fondamentale il lavoro di squadra e l’importanza di un approccio professionale e diligente per contrastare fenomeni illeciti in ambito penitenziario”.
Un tema, quello dei cellulari in carcere, riemerso con forza con la maxi retata di Palermo e il colpo a Cosa Nostra dei giorni scorsi. L’allarmante fenomeno dell’uso dei telefonini dietro le sbarre. “Da anni denunciamo la presenza di centinaia di telefonini nelle carceri. L’unica soluzione – ha affermato Nicola Gratteri – è l’acquisto di jammer (dispositivi che interferiscono con le frequenze di comunicazione dei cellulari, ndr) da mettere quantomeno nelle carceri ad alta sicurezza”. Sono, infatti, sempre di più quelli che vengono sequestrati e soprattutto introdotti illegalmente nei penitenziari. Gratteri ha ricordato che nelle stesse ore di Palermo erano state arrestate ventisette persone a Napoli. Sette di queste avevano i telefonini in carcere e mandavano messaggi di morte, chiedevano la tangente o addirittura, tramite videochiamata, la moglie faceva scegliere il colore dei pantaloni al marito carcerato. Questa è la cosa più semplice, ma ci preoccupiamo invece quando dal carcere, attraverso il telefono, si inviano messaggi di morte”.