Scoperti cinque Hezbollah con passaporto italiano: la rivelazione del ministro Tajani

Il vicepremier: “Documento con falsi certificati, cittadinanza revocata”. E lancia l’allarme sulle troppe truffe per entrare in Ue e Usa.

Roma – “Abbiamo addirittura scoperto cinque hezbollah che erano riusciti ad avere il passaporto italiano. Ora stiamo revocando la cittadinanza perché essere italiani è una cosa seria”. A lanciare l’allarme il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine della Conferenza nazionale degli Enti locali di Forza Italia, in corso a Perugia. “La nostra proposta su Ius Italiae è una proposta legata a un principio: la serietà e la reale volontà di essere cittadino italiano”, ha sottolineato Tajani aggiungendo: “Ma tante persone non vogliono essere italiane. Ci sono troppe truffe, troppi personaggi che organizzano agenzie per regalare la cittadinanza italiana con finti avi italiani perché il passaporto italiano è un passaporto comunitario e serve per entrare in Europa e negli Stati Uniti”.

Quanto a un attacco come l’11 settembre da parte di Hamas, il ministro ha detto: “Della pericolosità di Hamas siamo tutti ben consci, quindi non va mai sottovalutato il pericolo di questa organizzazione terroristica, che è la responsabile di tutto ciò che sta accadendo in Medio Oriente, perché se non ci fosse stato il 7 ottobre forse avremmo una situazione ben differente”. E ancora, “Hamas voleva questa reazione di Israele perché voleva impedire l’accordo tra Israele e l’Arabia Saudita. Questa è la ragione politica che ha portato Hamas a compiere la strage del 7 ottobre, provocando una reazione di Israele che è andata al di là di quello che era giusto, però non possiamo mai dimenticare la grande responsabilità di Hamas”.

La premier e i militari della missione Unifil

Se è vero quello che dice il Washington Post, conclude, “vuol dire che bisogna essere fermi anche in Palestina contro questa organizzazione terroristica”, ha affermato Tajani per il quale “il futuro della Palestina non può essere nelle mani di Hamas, deve essere nelle mani dell’Autorità nazionale palestinese, che ha dimostrato di avere una differente cura degli interessi del proprio popolo. Il futuro stato di Palestina, per il quale stiamo lavorando, dovrà essere uno Stato affidato alle cure dell’Anp, che riconosca Israele e sia riconosciuto da Israele. Ce la stiamo mettendo tutta con un’azione diplomatica intensa, in costante contatto con le nostre ambasciate, soprattutto quelle a Tel Aviv, a Teheran, a Beirut, il consolato a Gerusalemme. Conto di andare in quei territori appena sarà possibile farlo”.

Intanto Benyamin Netanyahu che non vuole ostacoli per le sue truppe impegnate contro Hezbollah in Libano, ha chiesto all’Onu di ritirare i peacekeeper dalle zone dei combattimenti. E alle parole sono seguite le azioni, con due nuovi incidenti che hanno coinvolto postazioni dei Caschi Blu, inclusa una clamorosa irruzione dell’Idf con due carri armati, denunciati dalla missione come “violazioni scioccanti”. Anche l’Italia, che all’Unifil fornisce il più alto numero di militari, ha rinnovato la sua protesta: Giorgia Meloni, in una telefonata con il premier israeliano, ha parlato di “attacchi inaccettabili”.

Militari della missione Unifil

Negli ultimi giorni le forze armate israeliane hanno intensificato le operazioni contro le milizie del Partito di Dio per spingerle più a nord possibile dal confine. La presenza tra i due fuochi dell’Unifil rallenta questa avanzata, secondo Netanyahu, che ha inviato un messaggio al segretario generale dell’Onu chiedendo di “proteggere” le forze di pace che operano nella zona cuscinetto: “li metta in salvo immediatamente”, la sua richiesta, motivata dal fatto che i Caschi Blu sarebbero sfruttati da Hezbollah come “scudi umani”.

Per il governo italiano si è trattato di un “ennesimo incidente inaccettabile”, ha avvertito il ministro della Difesa Guido Crosetto, mentre il capo di Stato Maggiore Luciano Portolano ha chiesto al suo omologo israeliano Herzi Halevi di “evitare ulteriori azioni ostili”. Richiesta formulata in precedenza dalla premier Meloni, che al telefono con Netanyahu ha rinnovato l’impegno di Roma attraverso Unifil per “la piena applicazione della risoluzione 1701”, considerata la strada maestra per “contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese”.

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