Governo compatto dopo le elezioni, avanti col premierato: il Pd prova a fare muro

C’è un rebus sull’autonomia voluta dalla Lega: pesa l’esito del voto al Sud. La premier si confronterà con gli alleati per le priorità.

Roma – Dopo la vittoria elettorale, avanti tutta sulle riforme. Però possibilmente con giudizio. La premier blinda la maggioranza come spiega Antonio Tajani: “Siamo partiti diversi, ognuno ha preso voti nel suo campo”. Situazione ideale ma per cementare davvero la coalizione e legare al suo carro gli alleati a filo doppio servono le riforme. Chiusi i seggi, raccolta qualche ulteriore soddisfazione (FdI con il 41,3% è il primo partito a Capalbio, il buen retiro della sinistra radical chic) si può correre. Al Senato riprende la marcia del premierato, e senza più le urne di mezzo, il traguardo sarebbe fissato per il 18: possibile che l’okay slitti di qualche giorno, anche perché c’è il solito ingorgo-decreti a ridosso della pausa estiva.

La riforma della giustizia non è ancora salpata, ma con Forza Italia galvanizzata dovrebbe arrivare presto a Montecitorio. Quando? Prima di luglio. Sempre oggi dovrebbe prendere la rincorsa alla Camera l’Autonomia differenziata, ma proprio qui interviene l’esigenza di procedere con saggezza. Quella che ha creato più problemi nelle urne è certamente la creatura del ministro Roberto Calderoli. Nel Sud il Pd è il primo partito: è la circoscrizione dove le cose per la destra sono andate meno bene e nessuno dubita sui motivi della frenata. Elly Schlein, del resto, vede il fianco esposto e affonda la lama; ieri ha martellato sul “messaggio chiaro che arriva dal voto nel Meridione: la destra si deve fermare sull’Autonomia differenziata”.

La segretaria Pd riunisce i parlamentari per stabilire la strategia migliore da seguire per creare il massimo del disagio agli avversari sulle riforme. Con i ballottaggi dietro l’angolo, è facile immaginare che il partito – seguito dal resto dell’opposizione – brandirà l’Autonomia come una clava contro la maggioranza. “Ora Meloni fermi l’autonomia e farebbe bene a fermare anche il premierato”. Il Partito democratico, per voce del senatore Francesco Boccia, prende coraggio e prova a dettare la sua agenda dei desideri al governo di centrodestra. A poco serve ricordare che le tre anime della maggioranza sono uscite rafforzate dal voto europeo. Ancora a meno è utile sottolineare che il crollo definitivo del M5S è solo un preludio di una rottura ancora più definitiva del fantomatico campo largo giallorosso.

“Il nostro voto al Sud – conclude Boccia – ci dice che l’autonomia differenziata leghista non piace. In Parlamento vedremo che la maggioranza su questo è divisa. E se la premier volesse dare un segnale di dialogo farebbe bene a bloccare lo scambio e a fermare anche il premierato“. Sarà una dura battaglia.

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