Maxi operazione antidroga chiamata “Doppio Gioco” coordinata dalla DDA locale condotta, nelle province di Ancona, Fermo, Macerata, Pesaro-Urbino e Frosinone, oltre che in Albania, Belgio e Spagna, da 100 militari. A capo del traffico, un sodalizio di albanesi.
Ancona – È in fase di ultimazione una maxi operazione antidroga coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo marchigiano e condotta, nelle province di Ancona, Fermo, Macerata, Pesaro-Urbino e Frosinone, oltre che in Albania, Belgio e Spagna, da 100 militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ancona, con il supporto del Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.), di altri Reparti territoriali del Corpo e delle Polizie albanesi, belghe e spagnole.
Durante le operazioni è stata data esecuzione all’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ancona, che ha disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di 11 cittadini italiani e albanesi; è stata data, inoltre, esecuzione all’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pesaro che ha applicato la custodia in carcere nei confronti di un indagato residente in Fano. I destinatari delle misure sono ritenuti responsabili a vario titolo di appartenere a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale e allo spaccio di sostanze stupefacenti ovvero di collocare sul mercato le sostanze fornite dall’associazione; decine le perquisizioni eseguite dai militari, che hanno consentito di sottoporre a sequestro ulteriore materiale probatorio.
La complessa attività investigativa, svolta – sotto la direzione e su delega della procura Distrettuale Antimafia di Ancona – dal G.I.C.O del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ancona, in stretta sinergia con i militari dello S.C.I.C.O. di Roma e con il supporto della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (D.C.S.A.), ha riguardato una ben strutturata compagine criminale con base operativa nelle Marche e con ramificazioni sul territorio nazionale ed europeo, composta prevalentemente da cittadini di origine italiana e albanese, dedita all’importazione sul territorio nazionale di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, in particolare del tipo cocaina e hashish.
Le indagini, condotte attraverso le più moderne tecniche investigative, hanno consentito di individuare i soggetti di più elevato spessore criminale, di matrice albanese, che erano al vertice dell’organizzazione, ritenuti responsabili di un articolato traffico transnazionale di droga e capaci di importare nelle Marche, servendosi della complicità di corrieri con autovetture dotate di doppiofondo, quintali di cocaina e hashish destinati alla distribuzione in tutte le province marchigiane e del Centro Italia.
Le complesse investigazioni hanno preso avvio nei primi mesi del 2020 quando, nell’ambito di un’altra indagine condotta dal G.I.C.O., era emersa la figura di un ex collaboratore di giustizia di origini campane, noto alle cronache nazionali, responsabile di un nutrito gruppo di spacciatori italiani attivi nelle province di Ancona, Macerata, Fermo e Pesaro. Da lì gli investigatori hanno ricostruito la filiera della droga, prevalentemente cocaina che, grazie ad una potente organizzazione di matrice albanese, veniva importata con regolarità nel territorio marchigiano. I soci d’affari della componente italiana erano due albanesi, ufficialmente lavoratori nel settore edilizio, attivi nella zona di Montemarciano (AN), che: mantenevano i contatti con i capi dell’organizzazione, si occupavano di concordare gli approvvigionamenti e consegnavano la droga agli spacciatori. Le menti dell’associazione criminale, invece, erano a Porto Sant’Elpidio (FM), dove due fratelli, anch’essi albanesi, gestivano il fiorente mercato illecito dietro la copertura di una anonima rivendita di auto. Da lì, come dei veri manager, coordinavano tutti i movimenti, prendevano gli appuntamenti con i “clienti” – solitamente presso la medesima ditta a Porto Sant’Elpidio o a Civitanova Marche – e concordavano il quantitativo di sostanza stupefacente da vendere. Subito dopo i corrieri dell’organizzazione prelevavano lo stupefacente dai depositi ubicati in varie cittadine marchigiane e provvedevano a consegnarlo ai vari acquirenti.
La cocaina proveniva dal Nord-Europa, principalmente Belgio e Olanda, dove veniva caricata su autovetture dotate di doppiofondo e trasportata a Civitanova Marche (MC). L’organizzazione criminale aveva pensato a tutto. I capi avevano individuato come corrieri internazionali un altro albanese e la compagna, entrambi incensurati, da anni residenti sul territorio italiano, ai quali avevano costruito una vita parallela fittizia per giustificare i frequenti viaggi verso il Nord-Europa. Avevano preso in affitto una casa ad Aquisgrana (Germania), cittadina vicina ai confini di Belgio e Olanda, fornendo ai corrieri il denaro per aprire conti correnti in filiali locali e acquistare le autovetture utilizzate per i trasporti illeciti, da immatricolare nel Paese tedesco. Il modus operandi era sempre lo stesso. I capi dell’organizzazione contattavano i corrieri, che da Civitanova Marche partivano immediatamente per Aquisgrana. Da lì iniziava l’attesa per effettuare il carico di stupefacente, pochi giorni nella maggior parte dei casi, dopodiché arrivava il via libera. Il luogo di approvvigionamento era sempre nel Nord Europa: Bruxelles, Anversa, Rotterdam, Amsterdam, tutte località facilmente raggiungibili dalla cittadina tedesca. Gli indirizzi venivano comunicati dai capi organizzazione, tramite telefoni criptati, solo nell’immediatezza dell’approvvigionamento di droga. Il giorno successivo avveniva il rientro in Italia, con importazione della sostanza stupefacente caricata nel doppiofondo dell’autovettura.
Neanche la pandemia da Covid-19 ha fermato gli affari illeciti, rallentati solo dai controlli alle frontiere. Nel corso delle indagini sono stati arrestati 8 corrieri, sequestrati oltre 50 kg di cocaina e 5 autovetture munite di doppiofondo, ricostruiti traffici per circa 700 kg tra cocaina e hashish, per un giro d’affari complessivo, al dettaglio, pari a circa 35 milioni di euro.
Emblematico è anche il caso di un indagato, raggiunto nel corso delle attività investigative da una pena definitiva proveniente dal tribunale di Perugia, che ha tentato di abbandonare il territorio italiano in auto per sfuggire alla cattura e rendersi latitante. Grazie all’intervento delle Fiamme Gialle doriche è stato possibile ricostruirne gli spostamenti e catturarlo, in collaborazione con la Polizia Stradale, all’altezza di Pordenone, pochi chilometri prima di varcare il confine con la Slovenia.
In totale sono state eseguite 12 misure di custodia cautelare in carcere, e sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria, a vario titolo, 22 soggetti per i reati di “traffico di sostanze stupefacenti” e “associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”, tutti aggravati dal carattere della transnazionalità.
Al termine delle indagini, i finanzieri del G.I.C.O. hanno inoltre proceduto a sviluppare in chiave patrimoniale – secondo una consolidata procedura operativa volta a disarticolare in maniera radicale le organizzazioni delinquenziali – tutti gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, attraverso l’esame e l’incrocio delle informazioni estratte dalle diverse banche dati in uso al Corpo.
Tali ulteriori indagini hanno evidenziato una significativa sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e la capacità reddituale degli stessi; per quanto sopra, condividendo le ricostruzioni patrimoniali dei finanzieri, il G.I.P. di Ancona ha disposto il sequestro preventivo di autovetture delle società, beni mobili e immobili riconducibili agli indagati per un valore complessivo pari a oltre 1 milione di euro.
L’odierna attività di servizio testimonia la costante attenzione e il perdurante impegno della Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, nel contrasto al traffico di sostanze stupefacenti e all’infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico produttivo, mediante la sistematica aggressione dei patrimoni e delle disponibilità finanziarie riferibili direttamente o indirettamente alle organizzazioni delinquenziali.
L’investigazione e l’Action Day stesso sono stati supportati dalla Rete @ON finanziata dall’UE (Progetto ISF4@ON) di cui la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) è Project Leader.
Per le attività svolte all’estero, determinante è stato il contributo della Polizia criminale albanese in sinergia con l’Ufficio dell’Esperto per la Sicurezza a Tirana, della Policía Nacional spagnola e della Police Fédèrale belga.
Si evidenzia che il provvedimento in parola è stato emesso sulla scorta degli elementi indiziari acquisiti in fase di indagine preliminare, pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza.